Francesca ci racconti di Lei, chi è Francesca Borriero come persona?Non amo particolarmente parlare di me ed è forse proprio questa la risposta alla Sua domanda. Si tratta, immagino, di una forma di protezione che mi permette di schermare al meglio parti del mio essere che tendo a tenere riservate. Eppure non sono in grado di mentire, tutto quello che penso mi si legge chiaramente in viso. Amo ascoltare ed incrociare con delicatezza le vite degli altri, credo che questa propensione permetta alle persone di fidarsi istintivamente di me. E’ bello sapere di essere una persona rassicurante anche se questo, qualche volta, carica di responsabilità.Come nasce la sua passione per la recitazione?Da piccola mi divertivo ad interpretare in lettura i diversi personaggi delle storie che leggevo. E’ un gioco che i bambini fanno ma io ci passavo ore. Volevo essere l’uno e l’altro con precise differenze di intenzione, di colore, di ritmo e provavo e riprovavo a voce alta e rigorosamente sola. Chissà, forse quel gioco è rimasto inconsapevolmente dentro di me. Da liceale ho iniziato ad amare la drammaturgia ed il teatro inglese ed americano. Facevo parte di un piccolo complesso musicale con il quale, a volte, ci divertivamo a mettere in musica versi di poeti ed autori d’oltremanica. Iniziavo a capire che interpretare un testo significava necessariamente farlo passare attraverso di me e così decisi di mettermi in gioco completamente provando a formarmi come attrice.Volevo apprendere gli strumenti per diventare viatico di un messaggio, mezzo.Un apprendimento artigianale che è iniziato diversi anni fa e, fortunatamente, escludo arrivi ad una fine. Da laureata in Progettazione e Gestione dei Sistemi Turistici e in Scienze del Turismo ad Indirizzo Manageriale ad attrice, come avviene questo passaggio.Vivere in provincia fa guardare attraverso la lente di un cannocchiale anche le cose più semplici. E’ tutto più distante, più complesso da organizzare, più lungo. Forse si arriva anche più lentamente alla determinazione che quello dell’attrice possa per te diventare un mestiere. Nella mia famiglia non ci sono artisti e nel mio paese da una studentessa di liceo scientifico diplomata con il massimo dei voti, ci si aspetta una carriera universitaria variabile tra tre, se ti va bene, quattro possibili alternative. Io invece ho scelto di laurearmi individuando l’unico percorso che mi consentisse di restare a Napoli, vicina alla mia famiglia che in quegli anni non avrei potuto né voluto lasciare, e che prevedesse un piano di studi trasversale che coniugasse i miei interessi.Diciamo che si è trattato di una diversa prospettiva da cui guardare lo stesso settore. Il terziario, declinato nell’analisi specifica delle imprese culturali e di spettacolo mi ha anche permesso di comprendere meglio l’ambito nel quale mi muovo oggi come attrice. Lei si forma e si diploma presso il laboratorio del teatro Elicantropo, uno dei più apprezzati a livello Nazionale, sotto la sapiente guida di Carlo Cerciello. Cosa ricorda di questa formazione artistica ed intellettuale.Ogni dettaglio. Carlo è stato un vero maestro. Ha attivato in me recettori profondissimi di sensibilità, ha permesso a tante molle di scattare automatiche, ha saputo seminare lasciando che ogni frutto prendesse la sua forma. L’Elicantropo è stato un luogo di incontri fondamentali, oltre a tutti gli insegnanti del triennio anche con i vari maestri esterni che ho avuto modo di conoscere in quegli anni. E poi i compagni, coi quali si tentavano i primi esperimenti di compagnia partecipando ai Festival dedicati alle nuove realtà giovani in lungo e in largo per l’Italia. Anni importanti che mi hanno dato il coraggio di proseguire.Dieci anni dopo, è stata un’emozione fortissima per me sapere Carlo Cerciello ed Imma Villa seduti in sala tra il pubblico del Teatro Nuovo di Napoli ad uno degli spettacoli prodotti da Liberaimago, la compagnia di cui sono co-fondatrice insieme ai colleghi Fabio Pisano e Roberto Ingenito. E’ stata una conferma. L’approvazione. A Carlo non ho mai espresso esplicitamente la mia gratitudine. Voglio farlo. E’ tra le prime persone che, senza troppe parole e a proprio modo, hanno dimostrato di credere in me.Quali sono gli artisti dai quali si sente maggiormente influenzata o da cui trae ispirazione?Ammiro profondamente il lavoro e l’essenza di Francesco Sframeli e Spiro Scimone che, da giganti della scena contemporanea, sono anche uomini di uno spessore infinito, dal cuore immenso. Ho avuto il privilegio di conoscerli e di aver stretto con loro una sincera amicizia, li considero un magnifico esempio.E grande influenza ha su di me il modo di stare in scena della grandissima Sonia Bergamasco. Il suo percorso, il suo carisma, la sua potenza e versatilità sono unici. Lo stupore di vederla ogni volta all’opera è sempre una sorpresa da cui trarre insegnamento.Come giovane attrice quali sono i personaggi che ha portato in scena ed ha sentito più vicino alla sua sensibilità.I personaggi che ho avuto modo di interpretare li ho sempre avvicinati tutti al punto da sentirli molto vicini a me ma non c’è dubbio che in alcuni casi sia più semplice ed in altri meno. Ma è forse proprio in quest’ultima circostanza, quando è diventato più complesso scandagliarli e riconoscerli che il gioco delle parti è risultato totalizzante. Celeste, di Fabio Pisano, è uno spettacolo a cui devo molto. Pur trattandosi di un personaggio molto controverso e oscuro, quello di Celeste è stato ed è il ruolo che fino a questo momento mi ha dato modo più di tutti di lavorare intimamente su molteplici livelli attraversando l’epidermico ed il cavernoso, il lieve ed il grave nell’arco degli stessi settantacinque minuti. E poi è stato un percorso fantastico di ricerca e studio che, negli anni, si è trasformato insieme a me e viceversa. Spero di aver reso giustizia all’opera di Fabio che, oltretutto, è una tragica storia italiana di rilevanza considerevole. Preferisce il cinema o il teatro..L’esperienza e l’immediatezza del qui ed ora che regala il teatro è unica. Il palcoscenico e ciò che esso è in grado di restituire all’attore è un’emozione insostituibile. Devo dire, però, che non ho avuto molte occasioni di lavorare davanti ad una macchina da presa. Mi affascina. Il cinema è sicuramente una forte attrazione che mi auguro di sperimentare a pieno.Che messaggio e che possibilità dà oggi il mondo della cultura ai giovani artisti in un settore particolare e in perenne cambiamento come il teatro, cinema e la televisione ormai assorbite dalla rete? C’è spazio in Italia per giovani artisti talentuosi ?Non saprei dire se in Italia ci sia davvero spazio per giovani artisti di talento. Sicuramente è davvero molto difficile far valere e riconoscere le proprie capacità. Nel tempo così rapido in cui viviamo spesso non è sufficiente provare a far bene, studiare e prepararsi per puntare al massimo risultato possibile per sé in quel momento in palco. Non è semplice per le giovani compagnie, nonostante gli sforzi produttivi per far conoscere il proprio lavoro, ricevere anche solo la visita di addetti ai lavori che possano anche solo valutare di puntare su di te. E poi ci si sente sempre in ritardo. Scadono i limiti dei trenta, poi dei trentacinque…Luciano De Crescenzo diceva che spesso si tenta di allungare la vita quando servirebbe invece allargarla. Ecco. Il settore cambia per sua natura ma non sempre con esso le circostanze in cui è calato.Il rapporto con la sua città Natale.Sono nata a Napoli ma ho vissuto, come dicevo, in provincia, a pochi chilometri dal centro che pure sembravano tanti. Napoli sembrava troppo grande e un po' spaventava. Poi scopri che è davvero piccola e nonostante tutto non sempre in ascolto. Il legame con la mia città, con la mia lingua e le mie tradizioni è molto forte. E’ aria di casa. Mi piacerebbe che qui, a casa, ci fossero più possibilità di stare. Il lavoro al tempo del “coronavirus” come stanno rispondendo gli artisti a questa emergenza virale ed umanitaria che ha colpito il mondo e come pensate di rientrare in campo viste le problematiche che sta affrontando il mondo della cultura in generale.La categoria ha provato ad unirsi in tempo di piena pandemia. Il risultato è senza dubbio di consapevolezza, degli artisti in quanto lavoratori e verso gli artisti. Questo è molto importante. Il mondo della cultura in generale resta in affanno e i singoli o anche i gruppi possono poco senza un sistema che preveda delle precise manovre di cambiamento. Restare in campo è quello che tutt’ora si prova a fare scontrandosi con nuove difficoltà dalle quali si potrebbe trarre linfa di rinnovamento e rivoluzione. Ma questo deve interessare tutte le classi e tutte le poltrone. Sfortunatamente non è sempre così. I suoi prossimi impegni.Il 2023 inizierà, dal 10 al 15 gennaio, con spettacolo La Macchia al Piccolo Bellini di Napoli, una co-produzione tra la mia compagnia Liberaimago ed il Teatro Bellini di Napoli di cui sono molto fiera. Sarò in scena con dei colleghi d’eccezione, Michelangelo Dalisi ed Emanuele Valenti con cui abbiamo dovuto trovare un’intesa raffinatissima. Anche il questo caso il teso di Pisano è un meccanismo ad orologeria.E poi a febbraio la ripresa di Celeste all’Hangar Teatri di Trieste, successivamente al Ghirelli di Salerno, grazie all’invito di Vincenzo Albano e la sua organizzazione Ablativo. Ma è passo dopo passo che scoprirò questo nuovo anno cosa porterà.Grazie