Leonardo ci racconti di Lei, chi è Leonardo Di Costanzo come persona?Principalmente, Leonardo è una persona che non sa parlare di sé stesso. Sono stato fin da bambino un tipo molto curioso, affascinato dal mondo delle arti, ma condizionato tanto dalla sua insicurezza. Lo dimostrano i mille percorsi di vita che ho intrapreso e le tante scelte che ho fatto nella mia breve carriera. Fortunatamente, ho anche un pizzico di ostinazione, che è la benzina che tiene acceso il mio motore. Come nasce la sua passione per la recitazione?Era il 2012, avevo 20 anni, ed ero ad un villaggio estivo di animazione. Il nostro capovillaggio, Marcello Cozzolino – attore professionista – ci fece mettere in scena il musical “Moulin rouge”, di Baz Luhrmann. Non era uno spettacolo teatrale vero e proprio, ma il suo allestimento, le prove, il montaggio e la performance finale fecero risvegliare in me un amore per la recitazione che risaliva alle elementari e alle medie, quando io ero l’unico delle mie classi che non vedeva l’ora di fare la recita di fine anno, che imparava le battute e che si divertiva un mondo a provare. Mi sono maledetto per non aver ascoltato ed inseguito quella passione, ma tornato a Napoli mi dissi “Ora, o mai più”.Lei oltre ad attore è anche un bravo cantante….Bravo… posso fare sempre meglio. Ho preso lezioni per qualche anno con Anna Marsicano, che non faccio fatica a definire una delle migliori insegnanti che ci siano a Napoli. Tra di noi c’è stata subito una grande stima ed uno smisurato affetto. Grazie a lei sono riuscito a prendere parte ad alcuni musical, cosa impensabile, per me, agi esordi. La pandemia ed alcuni eventi nefasti degli ultimi due anni mi hanno fatto abbandonare questo percorso, e la ruggine, ahimè, la sento. Ma lo riprenderò, quanto prima: il canto è molto importante per un attore, ed è una valvola di sfogo pazzesca. Quali sono gli artisti dai quali si sente maggiormente influenzato o da cui trae ispirazione?Parto dicendo che le mie influenze nascono più dalle interpretazioni che dagli attori stessi, non conoscendo, spesso, i loro metodi di lavori. Ho tanti attori che amo, e se iniziassi a citarli mi prenderei pagine e pagine di spazio. Uno su tutti, però, è per me fonte costante di ispirazione: Daniel Day-Lewis. Sono in grado di passare pomeriggi interi a guardare film o clip tratte dalle sue interpretazioni per studiarne ogni sfumature, per carpire l’essenza di ogni espressione, di ogni tonalità della sua voce. Io ne sono innamorato, sarebbe una delle persone che vorrei conoscere nella mia vita Lei ha esordito sulle scene in un musical al Teatro Diana, cosa ricorda di questo debutto.Un’esperienza magnifica. All’epoca studiavo ancora recitazione, e mi trovai a lavorare con professionisti affermati con un po’ di timore, ma con la velleità di mettermi in gioco. Inoltre, non avevo ancora la tecnica vocale che ho oggi. Fu difficile, ma lo stimolo fu proprio essere trattato da professionista, e subire la pressione che ne deriva. Al debutto ricevetti tanti complimenti. Non smetterò mai di ringraziare Peppe Celentano e Gabriella Cerino, ma anche Diego Sommaripa e Max Masiello, che mi aiutarono tantissimo in quella mia prima esperienza.Come giovane attore quali sono i personaggi che ha portato in scena ed ha sentito più vicino alla sua sensibilità.Ci sono alcune interpretazioni che porto nel cuore. Paul, l’introverso pasticciere in “The Kitchen”, di Arnold Wesker, che ha toccato la mia diffidenza verso il genere umano; Leonardo, il personaggio di Garcia Lorca portato in scena in “Nozze di sangue”, per a regia di Gianmarco Cesario, di cui ho amato l’essere selvaggio e il voler distruggere gli schemi della società; ed infine Gaetano Bresci, il regicida di inizio Novecento, portato in scena grazie ad Antonio Mocciola in “Santostefano”, che fin da bambino rappresentava un mito, paradossalmente, pur essendo uno spietato omicida. Lei si è formato alla scuola di teatro De Poche , sotto la direzione di Peppe Miale, Massimo De Matteo e Sergio Di Paola, come ha vissuto questa esperienza formativa.Non mi ergo ad attore vissuto o che ne ha viste tante, ma io credo fortemente che il teatro De Poche sia la scuola che più si avvicina ad un’accademia, con tutte le differenze che ci passano. Ci arrivai con l’animo spaccato in due: da un lato, la brama di voler imparare tutto del mestiere attoriale; dall’altro la paura di mettermi in gioco, di sentirmi troppo vecchio per iniziare un lavoro così precario. Il laboratorio cui si viene sottoposti è enorme, a livello artistico ed umano, ma si viene ripagati da una scoperta di sé e delle proprie potenzialità che non si immagina di avere. Essendo tutti attori professionisti, con formazioni accademiche alle spalle, il loro sapere diventa fonte di crescita e materiale di lavoro che non so quanti altri laboratori a Napoli possano offrire, senza giudicarne alcuno. Oltre a Peppe, Massimo e Sergio, che sono straordinari anche come pedagoghi, abbiamo avuto insegnanti del calibro di Laura Zaccaria, Leda Conti, Ernesto Lama, Gino Monteleone, Giovanni Meola. Sono stati tre anni bellissimi. Ancora oggi, quando posso, torno a salutare Peppe con estrema gioia.Nel 2018 è stato al Napoli Teatro Festival con la compagnia francese Cie Carabosse, come nacque questa collaborazione.Quella fu una collaborazione nata proprio grazie al De Poche. Io ed altri 5 amici fummo inseriti in questo spettacolo fantastico. La compagnia era formata da artisti di strada che lavoravano in tutta Europa, in uno spettacolo che rievocava tutti i sensi, dai suoni alle coreografie visual effettuate su piattaforma volanti. Il pubblico era affascinato dal lavoro di questa compagnia francese. Sono stati pochi giorni, ma ci ha insegnato tanto.Oggi invece fa parte della compagnia dei giovani del teatro Nest una bellissima realtà nata in un quartiere difficile di Napoli.Devo ringraziare la mia straordinaria collega Daniela De Vita per avermi dato l’opportunità di entrarne a farne parte. Il Nest, ad oggi, non è un teatro, è a tutti gli effetti un polo culturale, che secondo me vale di più. Non è gestito da vecchie glorie in pensione, ma da attori con carriere ancora piene, per fortuna, che hanno avuto il desiderio di creare un totem in una zona di Napoli un po’ abbandonata a sé stessa, come tante altre. Ed io sono felice di essere entrato a contatto con loro, averne conosciuto il progetto e poter dire di farne parte, come tanti altri. Vogliamo che la compagnia dei giovani si imponga, e diventi un qualcosa di solido, a livello artistico ma anche sociale.Invece in questi giorni è al cinema con il film “Io Giusy” per la regia di Nilo Sciarrone nel ruolo di coprotagonista, ci parli del suo personaggio..Esperienza fantastica. Avevo già lavorato su altri set, ma mai con un ruolo così importante. Nilo ha fatto una scommessa importante, poiché poteva scegliere tanti ragazzi della mia età con esperienza alle spalle. Ha avuto coraggio e, consentitemi un pizzico di presunzione, credo che abbiamo vinto entrambi. Nel film interpreto Diego, un ragazzo pulito, trasparente, che si affeziona a Giusy e che in un mondo che sa essere marcio si propone come figura positiva ed elemento positivo. Il lavoro spalla a spalla con Diego Sommaripa, anche lui co-protagonista del film, mi ha aiutato molto a sciogliermi e a dare tutto ciò che potevo tirar fuori.
Preferisce il cinema o il teatro..Sono due mondi completamente diversi, con metodi di lavoro differenti, che hanno entrambi un grande fascino su di me. Ma a questa domanda so rispondere senza incertezze: il teatro, per me, è cento volte più emozionante. E lo dico da cinefilo incallito. Le prove, le scenografie, gli elementi artistici, il debutto, l’incontro col pubblico mi regalano emozioni indescrivibili, che mi fanno commuovere ad ogni replica.Che messaggio e che possibilità dà oggi il mondo della cultura ai giovani artisti in un settore particolare e in perenne cambiamento come il teatro, cinema e la televisione ormai assorbite dalla rete? C’è spazio in Italia per giovani artisti talentuosi ?C’è ancora spazio e ci sarà sempre. Spesso si tende a dire che nel cinema e nella televisione non si osa, ci si affida sempre ai grandi nomi, ma questo, secondo me, è una logica sacrosanta. Ma ci sono serie che stanno avendo un grande successo che hanno attori giovanissimi, essendo targettizzate verso i ragazzi. Le produzioni estere stanno vedendo nell’Italia un mercato redditizio, con buona pace di noi attori. Più film ci sono, più serie vengono prodotte, più possibilità ci sono di distribuire i ruoli e di dimostrare chi siamo. Ho fiducia. Nel teatro, invece, nutro dubbi maggiori, da questo punto di vista.
Il rapporto con la sua città Natale .Sono anni che mi dico, per ragioni diverse, che per crescere dovrei lasciare Napoli: Londra, Berlino, Siviglia, Roma, tutte mete che ho messo nella lista dei posti dove andrei a vivere. Ma questa città è difficile da lasciare. Qui hai tutto, anche se la considero una città, per certi aspetti, ancora lontana da realtà “europee”, ma credo pure che ci stiamo avvicinando. Il problema è la mentalità di una parte del popolo, capace sempre di farsi dare troppo risalto, anziché essere risucchiato nell’ignoto. Quello si, a volte mi ha dato una spinta quasi decisiva nel lasciare tutto e andare via. E, badate bene, io non parlo solo di criminalità o di evasione delle regole: io parlo anche di una mentalità fondata, soprattutto in ambito lavorativo, sull’esclusione, sulla denigrazione, sulla chiusura mentale, che non fa bene a nessuno, né all’escluso, né a chi esclude.
Il lavoro al tempo del “coronavirus” come stanno rispondendo gli artisti a questa emergenza virale ed umanitaria che ha colpito l’Italia e il mondo e come pensate di rientrare in campo viste le problematiche che sta affrontando il mondo della cultura in generale.La pandemia ha assestato un colpo terribile ad un settore dove pochi possono investire e ancora meno sono i fruitori di tali investimenti. Ero parecchio sfiduciato un anno fa, a qualche mese dalla fine del lockdown. Ad oggi, invece, vedo che le produzioni ci sono, che attori e registi non hanno perso il talento, che ci siamo presi una pausa, e siamo tornati più affamati di prima. Per quelle che erano le previsioni generali, secondo me stiamo bruciando le tappe verso il ritorno alla normalità e a quel salto di qualità che il cinema italiano stava compiendo. I suoi prossimi impegni.Il 10, l’11 e il 12 dicembre sarò in scena al Sancarluccio di Napoli con “Farsescamente”, tre atti brillanti di Labiche, Cechov e Petito con la regia di Gianmarco Cesario, che replicheremo il 15 gennaio a Casoria, al teatro Ateneo. Dal 20 al 30 gennaio, invece, sarò Leonardo – di nme e di fatto – in “Nozze di sangue”, al teatro Tram di Napoli, sempre per la regia di Gianmarco Cesario. Con la compagnia dei Giovani O’Nest, invece, siamo nel cartellone del Nest, per uno spettacolo che vedrà la luce verosimilmente in primavera, dal titolo “Container”. Ho ancora altri progetti in cantiere, molto ambiziosi, ma non è ancora i caso di annunciarli…