Bruno ci racconti di Lei, chi è Bruno Barone come persona? Una persona complessa, dalle tante sfumature e incoerenze ma che ama le cose semplici. Non sono particolarmente attratto dalle luci della ribalta, preferisco molto di più una birra con pochi amici veri che un calice di champagne tra tanti amici finti. Come nasce la sua passione per la recitazione?Io nasco come cantante e in realtà venendo da una famiglia lontana dal mondo artistico non ero mai stato a teatro. Poi trainato dalla passione per il canto feci un’audizione per un’accademia di musical, lìincontrai la recitazione e fu subito amore. Col tempo capì come la recitazione può permettere di esprimere emozioni che nella vita teniamo spesso represse, dandoci la possibilità di conoscere meglio noi stessiPerò lei è anche un cantante, scrittore e regista, come fa a conciliare queste forme artistiche…. Beh in Italia c’è la necessità spasmodica di etichettare tutto e tutti, se sei un cantante non puoi fare il regista o se sei un attore non puoi essere un cantautore…sembra sempre che una cosa tolga credibilità all’altra. Purtroppo con questa cosa mi scontrerò sempre ma non rinuncerò ad esprimermi, perché ogni ambito permette di esprimere lati differenti della mia personalità che chiedono di avere luceQuali sono gli artisti dai quali si sente maggiormente influenzato o da cui trae ispirazione?Bella domanda…sicuramente posso dire che a livello cinematografico sono molto colpito dal mondo di Guillermo del Toro e di Tarantino, mentre dal punto di vista teatrale prediligo la contaminazione tra le varie forme artistiche, esempi potrebbero essere la Fura dels Baus o lo spettacolo Argentino Fuerza Bruta, anche se preferisco quando questa contaminazione sia sempre a servizio di una buona drammaturgia. Fondamentalmente però, per quanto riconosca l’importanza di conoscere ed avere riferimenti, sono sempre volto a una ricerca molto personale e istintiva. Come attore quali sono i personaggi che ha portato in scena ed ha sentito più vicino alla sua sensibilità. Onestamente posso dire che mi sento molto a mio agio nel ruolo del cattivo, sarà forse che mi permette di esprimere delle sfumature e una certa emotività che nella vita tendo a contenere, ma anche perché ritengo che generalmente, da scrittura, gli antagonisti hanno sempre un maggiore spessore psicologico. Mi piacque molto interpretare il ruolo di Shoul nel musical 70 volte 7, il boss di un clan malavitoso che dopo anni di carcere si redime dei suoi peccati e cambia la sua vita. Lei ha avuto la possibilità di confrontarsi con artisti provenienti da tutte le parti del mondo lavorando con la compagnia itinerante Canadese “Caravan Stage Company” con un cast internazionale nel Tour Italiano "Command Performance" 2011, quali sono le differenze con il nostro lavoro artistico.Parlando in senso generale posso dire sicuramente che il nostro modo di fare teatro è piuttosto datato, molto lontano da quello che potrebbe attrarre i giovani, oggi ci stiamo aprendo a nuove visioni e contaminazioni che per noi sembrano novità ma che esistono da anni fuori dall’Italia. Poi dal punto di vista attoriale quello che posso dire, almeno per la mia esperienza, è la maggiore leggerezza, in Italia si tende a dare un peso eccessivo a lavoro dell’attore, sicuramente c’è un lavoro personale e introspettivo, ma parliamoci chiaro non facciamo molto di più di quello che fanno i bambini quando giocano. La differenza è che probabilmente un performer o attore straniero non perderebbe tutto il tempo che gli attori italiani passano per decantare lo straziante processo per la creazione del personaggio… sarebbe troppo impegnato a fare seriamente training e lavoro in sala. Lei in questi giorni debutta con la regia dello spettacolo teatrale in collaborazione con Daniele Vicorito “Il bambino invisibile” debuttando presso il Teatro Trianon Viviani, di cosa si tratta.E’ uno spettacolo che racconta la vita di un figlio di forcella, Carmine, che dopo la perdita del padre, incarcerato, rischia di perdersi a sua volta. Il monologo è scritto su vicende in parte realmente accadute ma partendo da queste si spinge oltre, disegnando un quadro rappresentativo di una condizione sociale diffusa, in cui molti giovani si riconoscono. Il finale porta un messaggio di speranza, la possibilità di futuro diverso dove la curiosità, la cultura e la bellezza, possono essere viatico verso un riscatto sociale. Che messaggio e che possibilità dà oggi il mondo del teatro ai giovani attori in un settore particolare e in perenne cambiamento ormai assorbite dalla rete? C’è spazio in Italia per giovani artisti talentuosi?Oggi sicuramente non è facile intraprendere il lavoro di artista, anche perché per affermarsi c’è molta competizione, ma oltre a questo c’è purtroppo la necessità di essere anche promoter di se stessi. Personalmente io credo che sia importante però non cadere nel tranello dei social, perché purtroppo molti, seguendo la dinamica dei social e abbagliati dalla fama momentanea che questi possono dare, cercano di creare contenuti video imitando questo o quel gruppo in voga al momento. In questo modo si rischia di snaturare la propria natura artistica e la propria sensibilità, pensando che quella sia l’unica strada per arrivare. Io non posso essere certo un esempio perché non sono arrivato da nessuna parte ma almeno credo che chiunque possa parlare del mio lavoro possa riscontrare quantomeno una coerenza che è la base per creare una cifra artistica.
Il rapporto con la sua città Natale. Napoli, un grande amore e un grande rammarico per quello che questa città potrebbe essere e non riesce a diventare. Nonostante questo ho un rapporto strettissimo con questa città ancor di più dopo esserci tornato dopo quattro anni passati a Milano. Penso che nonostante le mille pecche sia una città sempre in fermento e perennemente pervasa da un‘energia che è difficile trovare altrove.Il lavoro al tempo del “coronavirus” come hanno risposto gli artisti a questa emergenza virale ed umanitaria che ha colpito il mondo e come pensate di rientrare in campo viste le problematiche che sta affrontando il mondo della cultura in generale.Il coronavirus credo che abbia portato i nodi al pettine in tutti i campi e così anche nel mondo del teatro molti sono stati costretti a trovare altre forme di sostentamento, me compreso che ho deciso di aprire un B&B. Ma quello che è balzato agli occhi è come l’egoismo e l’individualismo che aleggia nel nostro mondo abbia impedito di raggiungere traguardi di classe se non poche briciole. Le volte che sono stato alle manifestazioni di settore ho trovato la metà degli attori che mi sarei aspettato e pochissimi affermati che invece sarebbero dovuti essere in prima linea a lottare per i loro diritti e per i diritti di chi non ha voce. In ogni caso credo che per riprendere il settore ci vorrebbe una politica di coraggio e cambiamento, lasciare spazio a proposte nuove di giovani che sappiano attrarre nuove fette di mercato e nuovo pubblico, ma purtroppo la maggior parte dei teatri preferisce lavorare su quella fascia sicura di abbonati storici piuttosto che rischiare, ma questo è un discorso che potrà durare ancora per poco… e poi? I suoi prossimi impegni.In questo momento il mio primo impegno è la nascita di mio figlio a fine anno e sarà sicuramente il miglior progetto che avrei mai potuto seguire. Quindi sto valutando se impegnarmi in nuovi progetti prima dell’anno nuovo. Sicuramente lavorerò nella scrittura di due sceneggiature per il cinema e a un nuovo progetto teatrale con cui proseguire il precorso avviato con il bambino invisibile.