Giuseppe ci racconti di Lei, chi è Giuseppe Cerrone come persona?Mi definisco un introverso non timido. Amo la natura e il prossimo, anche se non sempre lo cerco. Forse mi appartiene una certa dose di impudenza, specie quando sono attratto da qualcuno.E come artista?Come artista lavoro in modo ossessivo sulla forma e sul ritmo, che dilato e restringo a piacimento. Questo per creare stati di estasi e di concentrazione mistica. Non è facile, soprattutto quando si opera su commissione. In generale, al significato preferisco il senso.Quali sono gli artisti dai quali si sente maggiormente influenzato o da cui trae ispirazione?Qui opererei una distinzione. Innanzitutto la musica. Nick Drake, Alex Chilton, Anton Bruckner, Richard Wagner sono per me riferimenti assoluti. Poi vengono gli dei dello spettacolo: Visconti, Bresson, Herzog. Tutti i nomi fatti hanno in comune l'esplorazione di personaggi estremi: Giovanna d'Arco, Kaspar Hauser, Ludwig di Baviera, tanto per illuminare meglio la tenebra che spesso ci avvolge. Amo la musica classica oltre che il rock. Ai miei, in particolare mio padre, devo una robusta educazione musicale. Naturalmente Visconti con "Senso" e "Morte a Venezia" ha contribuito molto.Lei si è formato studiando e collaborando con grandi attori come Carlo Cerciello, Davide Iodice, Pierpaolo Sepe, Sara Sole, Renato Carpentieri, Salvatore Cantalupo, Domenico Mennillo, Raffaele Di Florio, Antonio Iavazzo, Hal Yamanouchi, Claudio Comes. Cosa le resta del loro insegnamento.In questa sede voglio ricordare Salvatore Cantalupo e Sara Sole. L'umanità e la dolcezza di entrambi. Il primo, purtroppo, l'abbiamo perso. Sara per fortuna gode di ottima salute e spero di ritrovarla quanto prima. Al di là delle diverse metodologie ed impostazioni, possedevano l'amore per le pratiche eterodosse. Gurdjieff, Grotowski, Tarkovskij, filtrati da loro, giungevano come amici fidati.Come attore quali sono i personaggi che ha portato in scena ed ha sentito più vicino alla sua sensibilità.Indubbiamente Antonio Gramsci. Parlo di uno spettacolo di Raffaele Di Florio del 2012, "Il cazzotto nell'occhio", andato in scena al Teatro Elicantropo di Carlo Cerciello. Non è stato difficile immedesimarsi. La tematica, affine ai discorsi di Bresson sulla detenzione, è ormai una sorta di seconda pelle per me.Lei è anche un poeta molto amato e apprezzato. Esce per Oèdipus Edizioni nel giugno 2019 la sua prima pubblicazione a stampa: “Lacci gassosi, ordito del cielo”. Come concilia il suo lavoro di attore con quello di poeta.Dedico il giorno alle prove con gli attori e la notte alla scrittura (non solo versi, anche drammaturgia). Ammetto, tuttavia, che la faccenda diventa complicata quando si è in giro con le repliche. I rigori delle tournée non permettono lussi. I tempi sono compressi, l'agio di sedersi e comporre tende a sparire.Il lavoro al tempo del “coronavirus” come hanno risposto gli artisti a questa emergenza virale ed umanitaria che ha colpito il mondo e come pensate di rientrare in campo viste le problematiche che sta affrontando il mondo del teatro e del cinema in generale.La reazione degli artisti è stata forte. Senza perdere in professionalità, abbiamo sfoderato una grinta impensabile solo qualche anno fa. Abbiamo fatto di necessità virtù. Gli aiuti statali non sono mancati, però non abbiamo vegetato nel brodo dell'assistenza pubblica, al contrario, appena ci è stata data la possibilità di ripartire, abbiamo dimostrato una scorza che altri settori ci invidiano. La ripartenza è affidata ad una strategia di inclusione che vedrà varie realtà associative operare insieme. In questo senso l'attività che svolgo con il mio gruppo, Teatro In Fabula, è paradigmatica. Nessuna chiusura. Anzi, totale apertura a realtà esterne con incursioni pure nel campo dei nuovi media e delle neotecnologie.In generale cosa pensi del mondo della Rete intesa come social o webseries? Secondo Lei la Rete sarà la nuova strada del futuro per l’arte?Deve esserlo. Non tutti gli artisti sono celebri. Alcuni sono ingiustamente ignorati. Ecco che il Web diventa per gli operatori meno noti una piattaforma di lancio dove raccogliere consensi e riconoscimenti. I suoi prossimi impegni.Una mostra con gli amici Marco Zagaria e Fabio Rossi sulla scia del grande nume dell'estetica campana, cioè il filosofo Mario Costa, quindi i progetti con Antonio Piccolo, Melissa Di Genova, Aniello Mallardo di Teatro In Fabula. Infine, con Antonio Mocciola e Gregorio Del Prete, tornare su "Occidente" ed ampliarlo. Presentato a "I Corti della Formica", rassegna ideata e condotta da Gianmarco Cesario, giunta quest'anno alla diciassettesima edizione, il lavoro sul fondamentalismo islamico si aprirà anche ad un'interprete femminile e indagherà la condizione della donna nella difficile realtà del Pakistan odierno.