‘’A 25 ANNI DALLA SUA SCOMPARSA, QUESTO ATTORE E' STATO IN GRADO DI STABILIRE QUELL'OSCURO CONTATTO DI EMOZIONE TRA SUA IMMAGINE SULLO SCHERMO E LO SPETTATORE. RISPETTO POI AI TANTI ATTORI DI OGGI CAPACI DI POCO E CHE NON SANNO RECITARE, PORTANDO SOLO PRESUNTA BELLEZZA. I NOSTRI DIVI SONO TALMENTE ANONIMI E INCAPACI CHE SUSCITANO COMPASSIONE: TROVIAMO L'EREDE VERO DI MARCELLO”FILM DA VEDERE PER RICORDARE MARCELLO MASTROIANNiI compagni di Mario Monicelli con Marcello Mastroianni. Una storia cruda e fiera di grande impegno civileSceneggiato insieme alla coppia Age-Scarpelli, con la fotografia di Giuseppe Rotunno, i costumi di Piero Tosi, le scenografie di Mario Garbuglia e le musiche di Carlo Rustichelli, I compagni è il film a cui Mario Monicelli era più affezionato. Un'opera che trasuda passione politica, una storia cruda e fiera di grande impegno civile.I compagni, un film del 1963 diretto da Mario Monicelli, scritto dal regista insieme alla coppia Age–Scarpelli. La pellicola ha come interpreti principali Marcello Mastroianni e Renato Salvatori e fu candidata agli Oscar per la migliore sceneggiatura originale. Con Marcello Mastroianni, Renato Salvatori, Annie Girardot, François Périer, Bernard Blier, Mario Pisu, Raffaella Carrà, Folco Lulli. Oltre alla nomination all’Oscar, I compagni si aggiudicò un Nastro d’Argento a Folco Lulli come migliore attore non protagonista e il Premio come Miglior Film al Festival Internazionale di Mar Del Plata. Cast tecnico di altissimo livello, con in testa la fotografia di Giuseppe Rotunno, i costumi di Piero Tosi, le scenografie di Mario Garbuglia e la musica di Carlo Rustichelli.SinossiAlla fine del secolo scorso, in un’industria tessile torinese, un grave incidente è la scintilla che fa scoppiare le prime proteste operaie contro le inumane condizioni di lavoro. La protesta si trasforma in un durissimo sciopero, guidato del professor Sinigaglia, durante il quale un operaio muore. Gli operai rientrano in fabbrica, sconfitti, ma con un filo di speranza. Il film a cui Mario Monicelli era più affezionato era senza dubbio I compagni, un’opera anomala all’interno del panorama cinematografico di allora: un regista e due sceneggiatori (Age e Scarpelli) di commedia, per di più i creatori della cosiddetta commedia all’italiana, mettono le mani nella rischiosa pasta operaia, dando corpo a una rivolta degli operai di Torino contro un padronato ancora feudale. Facile dire perché Monicelli l’amava: il film trasuda di passione politica, sta dalla parte giusta con orgoglio e decisione (i deboli, sempre e comunque) e, seppur con qualche sottolineatura troppo didascalica (il maestro che fa le collette, ad esempio) o retorica, è una storia cruda e fiera su cosa vuol dire impegnarsi civilmente in questo Paese. Della commedia non c’è niente – a parte l’incursione del minimalista Marcello Mastroianni a casa della prostituta Annie Girardot – se non il bisogno da parte di certe persone di classificare ogni cosa: il film è quasi una mina vagante nel percorso di Monicelli, ma sa di esserlo e sa perfettamente di andare contro i gusti di pubblico. Un film libero, privo di spocchia, realizzato come egregiamente: reparto tecnico di alto livello, con in testa la fotografia d’epoca di Giuseppe Rotunno, i costumi di Piero Tosi, le scenografie di Mario Garbuglia e la musica di Carlo Rustichelli. Attorno al carismatico Marcello, uno stuolo di caratteristi infallibili, capitanati dal potente Folco Lulli e dall’ottimo Bernard Blier, con una nota di merito alla sconosciuta Elvira Tonelli nei panni della risoluta Cesarina. In Italia il film non ebbe un grande successo, il giudizio di merito venne preceduto da una superficiale lettura politica generale: la sinistra italiana vide nella commedia un rischio di parodizzazione, mentre l’area conservatrice fu scettica fin dal titolo, chiaramente evocativo. Si tratta, invece, di una bella pagina della storia del cinema italiano, capace di narrare le lotte e i drammi che caratterizzarono il passato. I compagni è un film pressoché perfetto, sentito, dolente, sempre più attuale, bruciante e necessario, nel quale ogni parola e ogni singola inquadratura, ma anche ogni gioco di seduzione e ogni interstizio amoroso e d’amicizia, ogni incomprensione e ogni doloroso chiarimento, ogni afflato epico e sentimentale della narrazione, collaborano alla creazione di un qualcosa di più grande, di un’idea, di un mondo, di un movimento, di una dignità.