«Resto a Kiev. Voglio essere tra persone consapevoli della loro appartenenza etnica, culturale e politica. Voglio essere tra queste persone per acquisire esperienze importanti che mi aiuteranno a creare storie vere su di loro» dice il regista Valentyn Vasjanovyč. Il suo ultimo film, REFLECTION, è stato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia 2021 e torna in sala distribuito da Wanted Cinema dal 17 marzo , visto il tema di grande attualità anche per comprendere meglio il confilitto di oggi. Al centro, con scene di crudo realismo, la guerra del Donbass nel 2014 e le torture russe sugli ucraini durante lo scontro diplomatico-militare tra Russia ed Ucraina, per il controllo della Crimea e della regione del Donbass. "Il film si rivolge a un pubblico pensante - disse allora il regista - , un pubblico che non ha paura di sollevare domande dure su traumi pesanti ne' di cercare risposte. Non e' un film fatto per intrattenere". Di che parla Reflection? Il chirurgo ucraino Serhiy (Roman Lutskiy) viene fatto prigioniero e torturato dai militari russi. Il poveraccio non solo e' fatto oggetto di ogni umiliazione e tortura, ma dopo le innumerevoli sevizie diventa testimone di quelle fatte ai suoi commilitoni. E questo in quanto medico e dunque capace di valutare lo stato del torturato. Per quanto riguarda le torture si va dallo strangolamento, alle scariche elettriche fino all'uso di un trapano da conficcare nelle carni. Violenze che hanno, come d'altronde tutto il film, l'aggravante del tempo reale, nulla e' risparmiato in questo senso. Nel tornare a casa, il dottore invece cerca una sorta di redenzione aiutando la sua bambina a crescere, ricco questa volta di un'esperienza tragica che lo ha cambiato profondamente. "La morte di uno dei personaggi è strettamente collegata alla guerra, che continua oggi in Ucraina. È una storia sulla realizzazione, da parte di bambini, che la vita umana è limitata. Ma è anche una storia sulle responsabilità degli adulti nei confronti dei propri cari, di sè stessi e del mondo intero in cui realizzano il loro potenziale. Il bambino e l'adulto si aiutano a vicenda per riuscire a capire questo mondo crudele e bellissimo". Nato a Zytomyr nell'Ucraina occidentale, Vasjanovyč, formato alla scuola del cinema di Andrzej Wajda, aveva affrontato i temi dell'orrore e della violenza disumana della guerra nel precedente film Atlantis (Atlantyda, 2019), che per la prima volta arriverà nelle sale italiane l'11, il 12 e il 13 aprile. La storia di Atlantis risulta oggi profetica: il film infatti è ambientato in un futuro molto prossimo in Ucraina orientale, diventata dopo la guerra un deserto inadatto alla presenza umana. Il protagonista è Sergeij, ex soldato che soffre di stress post-traumatico, che tenta di adattarsi alla nuova realtà specializzandosi nel recuperare cadaveri di guerra. Vinse il miglior film a Orizzonti alla Mostra di Venezia 2019 ed è stato il candidato ucraino ai premi Oscar 2021 come miglior film