Circe di Madeline Miller
Dalle pagine della scrittrice statunitense una creatura con una potenza scenica dirompente, un’eroina senza tempo che reclama di essere ascoltata
E’ una figura mitologica, una ninfa, una maga, una creatura capace di trasformare gli uomini in porci, l’ennesimo ostacolo che si frappone tra Ulisse e il suo ritorno a Itaca, un’ammaliatrice, una dea, un essere diabolico. Ma è semplicemente una donna, vista con gli occhi degli uomini Circe, che rivivrà, sabato 23 luglio 2022 alle ore 21,00 (in replica domenica 24) al Real Orto Botanico di Napoli, nell’ambito della rassegna Brividi d’Estate 2022.
Presentato in prima assoluta da Il Pozzo e il Pendolo Teatro, l’allestimento, tratto dall’omonimo romanzo di Madeline Miller, vede interpreti in scena Rosalba Di Girolamo e Lorenzo Sarcinelli, nell’adattamento di Rosalba di Girolamo e Annamaria Russo, che firma anche la regia. I costumi sono a cura di Rosa Ferrara.
A Madeline Miller va il merito di aver colto le mille sfumature di uno dei personaggi più noti e meno conosciuti della cultura classica, liberandolo dalle ombre cupe che, secoli di misoginia, le avevano gettato addosso.
La figura che emerge è quella di una donna fragile e indistruttibile, che affronta mostri, dei, sentimenti con la stessa paura coraggiosa di chi sa che, il più delle volte, non si combatte per vincere, ma per sopravvivere.
Una donna capace di piegare la realtà ai propri desideri, e considerata per questo una maga. Una donna che supera lo strazio della violenza, il dolore dell’abbandono, l’assedio di una maternità solitaria, il fuoco della gelosia, la paura dell’amore, con le spalle gravate dal fardello insostenibile di un’immortalità che la condanna alla solitudine eterna.
La Circe che scivola fuori dalle pagine di Madeline Miller è una creatura con una potenza scenica dirompente. Un personaggio che trasforma le parole in sangue, sudore e carne. Un’eroina senza tempo che reclama di essere ascoltata.
Le sue parole hanno indicato la strada. Il suo volto e i suoi amori hanno suggerito la scelta di due soli personaggi, cui tocca l’onere e l’onore di restituire la complessità dei sentimenti.
La sua storia, che attraversa i secoli raccontando la storia di ogni donna nei secoli dei secoli, ha indicato la via, sussurrato i colori, gli accenti e le sonorità da ricreare in scena. E per finire, la dolente umanità che trasuda dalla sua divina immortalità svela l’irripetibile magia che solo la verità può regalare alla finzione.
Mettere in scena un libro, che ha l’epicità e le dimensioni di una grande epopea classica, con due soli personaggi appare come un azzardo, ma è sembrata l’unica strada percorribile per restituire il senso di un’individualità declinata nelle innumerevoli diversità che la compongono e ne caratterizzano l’unicità.