Manuel ci racconti di Lei, chi è Manuel Severino come persona?Ma non si può iniziare con una domanda così complessa! Passaparola.Come nasce la sua passione per la recitazione?Ok, questa è più semplice. Io vengo da un piccolo paesino della provincia di Avellino. Mio padre e mio nonno fondarono lì una compagnia amatoriale negli anni ’70. Quando ero piccolo seguivo mio padre alle prove, imparavo le battute a memoria. Ho imparato a leggere sui copioni di Eduardo e Scarpetta. Il tempo e lo studio hanno fatto il resto. Quali sono gli artisti dai quali si sente maggiormente influenzato o da cui trae ispirazione?Io penso che sia importante rubare da chiunque, dai grandi Maestri come dai miei allievi. Si può essere contaminati in positivo davvero da chiunque se si è disponibili all’ascolto. Forse nella mia vita ho imparato di più proprio da chi ho apprezzato di meno.Come attore quali sono i personaggi che ha portato in scena ed ha sentito più vicino alla sua sensibilità.Beh, considerando che ho messo in scena me stesso (o comunque una versione di me amplificata e teatralizzata) in “Ritratto di uno di noi” direi…Manuel. Lei collabora con la compagnia Mind the step, ed hai partecipato agli spettacoli "Look Like" e "Fog", quest'ultimo finalista al Premio Scenario 2019, cosa si prova a far parte di questa realtà artistica . Lavorare da professionisti con quelli che sono stati tuoi compagni di classe, e che nella vita sono diventati fratelli e sorelle acquisiti è impagabile. Forse si discute più di quanto si farebbe con degli estranei, ma condividere le gioie comuni non ha prezzo. Poi conoscersi così bene ti offre un margine di libertà e divertimento in scena difficilmente raggiungibile altrimenti.Diverse sono le sue collaborazioni con importanti registi come Gabriele Russo e Alessandro Gassman, ha lavorato bene con loro.Beh, Gabriele in un certo senso mi ha visto crescere. Era in commissione quando la Bellini Teatro Factory mi ha scelto, è stato il regista del mio primo spettacolo da professionista, è grazie a lui che ho recitato al Piccolo di Milano, è lui che mi ha consegnato il diploma. Non posso non essere legato a lui. Ma a prescindere dall’affetto, lavorare con Gabriele è stupendo. È perennemente in ascolto dell’attore, sempre pronto a mettersi in discussione. Non è uno di quei registi che ti guida con distacco dalla sedia, sale con te sul palco e ti spreme sudando insieme a te. Grazie a Gassman ho avuto la fortuna di affrontare una grande tournée, cosa molto rara oggigiorno. Purtroppo non ho potuto lavorare con lui perché sono subentrato come sostituzione. Quando però è venuto a vedere lo spettacolo a Perugia ho conosciuto una persona di un’umiltà inimmaginabile. Ricevere i suoi complimenti per il lavoro svolto è stato stupendo. È un ricordo che conservo con grande orgoglio.Lo scorso giugno hai vinto insieme ai tuoi colleghi il premio collettivo Napoli Cultural Classic per il teatro sezione giovani nuovi Orizzonti, vuol dire che sta percorrendo la strada giusta?Ho vinto con uno spettacolo a cui tengo molto. È uno spettacolo che abbiamo contribuito a scrivere in sala prove con le nostre improvvisazioni. Una magnifica soddisfazione. Io però credo che la strada non sia mai segnata in maniera definitiva. Questo è un mestiere precario per definizione, si alternano mesi in cui tutto sembra andare per il meglio a mesi in cui pensi seriamente di mollare. Sicuramente queste gioie ti danno nuova benzina e ti ricordano che quantomeno la strada non è sbagliata!Che messaggio e che possibilità dà oggi il mondo del teatro ai giovani attori in un settore particolare e in perenne cambiamento ormai assorbite dalla rete? C’è spazio in Italia per giovani artisti talentuosi?Questa domanda mi sa che è più difficile della prima. Una risposta esaustiva richiederebbe un saggio breve. Forse due, o più. Non voglio essere approssimativo. Passaparola.Il rapporto con la sua città Natale.Eh, quale? Ho vissuto i primi 19 anni della mia vita ad Altavilla Irpina. Lì ho le mie radici e gran parte dei miei ricordi. Purtroppo un distacco è necessario, sarebbe praticamente impossibile esercitare il mio lavoro da lì. Ma non nego che sogno di tornare un giorno e mettere le mie competenze al servizio della comunità. Poi Napoli mi ha accolto ed è diventata Casa. In un certo senso qui sono nato una seconda volta. Viaggio tanto per lavoro, ma appena rientro mi ritrovo a sorridere senza nemmeno accorgermene. È una città complessa. Ma voglio spendere qui le mie energie artistiche e non.Il lavoro al tempo del “coronavirus” come stanno rispondendo gli artisti a questa emergenza virale ed umanitaria che ha colpito l’Italia e il mondo e come pensate di rientrare in campo viste le problematiche che sta affrontando il mondo della cultura in generale.Questa è un’altra domanda da passaparola, ma ci provo. Nei teatri c’è da rispondere artisticamente, tutto quello che è successo dovrebbe essere materiale da rielaborare. Fuori dai teatri invece ci sarebbe tanto per cui lottare. Ma ormai sembra tutto passato…I suoi prossimi impegni.Con l’inizio dell’autunno ripartirà Cantieristupore, il laboratorio dove insegno. La pedagogia mi dà delle soddisfazioni che nemmeno la recitazione mi dà. Per chi vuole vedermi in scena ho buone notizie. Ho ricevuto una telefonata davvero bella qualche giorno fa, ma finché non sarà tutto ufficiale non parlo. Sono un attore, non posso non essere scaramantico.