Enrico ci racconti di Lei, chi è Enrico De Angelis come persona?La mia è una storia semplice, come tante altre. Sono nato e cresciuto a Ottaviano, nel bel mezzo del Parco Nazionale del Vesuvio… uno dei posti più belli del mondo. Il mio papà era un operaio, mia mamma faceva la contabile. Lavoravano entrambi in un’azienda di Casoria, a circa tre quarti d’ora di macchina da Ottaviano. Ricordo ancora quel periodo con una certa commozione: la sveglia che suonava alle 6:30 del mattino; mia sorella che continuava a dormire nonostante il frastuono della sveglia e le maledizioni che le lanciava mia madre; le corse a chi arrivava prima in bagno. Poi, una volta pronti, mio padre ci caricava tutti in macchina e ci portava da mia nonna. Io e mia sorella siamo cresciuti lì, nella casa della nonna. E per lungo tempo mia nonna ci ha fatto anche da madre, visto che i miei genitori tornavano a casa verso le sei e trenta della sera. Quando mio padre è morto è toccato a mia madre dirigere le operazioni mattutine, fare in modo che nulla o quasi cambiasse. Questa routine è durata per molto tempo, fino al diploma. Poi le cose sono cambiate: la nonna è venuta a mancare; io ho iniziato a fare le mie esperienze di vita: ho intrapreso gli studi in scienze politiche, ho incominciato a lavorare, a viaggiare. E adesso, da uomo ormai maturo, nonostante io viva stabilmente in provincia di Roma da un paio d’anni, sento sempre il bisogno di tornare nella mia città di origine, di rivedere il Vesuvio, di tornare a casa della nonna. Certi luoghi non sono e non saranno mai luoghi comuni. Quelli, sono e saranno sempre luoghi speciali. Quelli, sono i luoghi dell’anima. Il suo percorso professionale inizia da giovane laureato in scienze politiche a quasi giornalista giornalista per giovani testate indipenenti.A differenza di tanti miei colleghi, io non mi sono iscritto all’università subito dopo il diploma. Non sapevo cosa fare, che pesci prendere. Quindi, subito dopo il diploma sono partito per il servizio militare: mi dovevo “levare il pensiero” come si dice dalle nostre parti. Una volta finita la leva, ho iniziato a lavorare. Devo ammettere che sono stato molto fortunato; in tutte le aziende in cui ho lavorato sono sempre riuscito a superare il periodo di prova e a farmi assumere. A differenza di tanti altri ragazzi miei coetanei ho sempre avuto un po’ di soldi in tasca. Ma nonostante ciò sentivo che mi mancava qualcosa, che volevo altro. Così ho iniziato a guardarmi dentro, a confidarmi con gli amici più stretti, con la mia fidanzata di allora. E quando quest’ultima mi ha sbattuto in faccia la verità ricordandomi la mia passione per la storia, la politica, per il giornalismo, ho fatto la mia scelta: mi sono iscritto alla facoltà di Scienze Politiche. E una volta terminato il percorso universitario, mi sono trasferito a Roma per conseguire un master in giornalismo internazionale. Quelli dello studio sono stati in assoluto gli anni più belli della mia vita. Una volta concluso il master ho provato a inserirmi nel mondo del giornalismo, ma i miei tentativi sono stati vani. E all’ennesima proposta ridicola di lavoro (cinquanta centesimi a pezzo!), ho deciso di smettere di provarci e me ne sono andato a lavorare in fabbrica. Come nasce la sua passione per la scrittura?Ad essere sincero, se ci ripenso, devo ammettere che è stato tutto molto strano. Fin dai primi anni di scuola ho sempre manifestato una certa repulsione per lo studio. A me andare a scuola non mi piaceva! Non mi piaceva leggere, non mi piaceva scrivere. I miei temi erano un disastro. Poi, una volta conseguito il diploma ho iniziato ad appassionarmi ad alcune letture; erano più che altro libri di storia, romanzi storici. E quando ho messo piede nella facoltà di Scienze politiche tutto è cambiato: ho iniziato a studiare con il massimo impegno, a dare esami su esami, a leggere tanto, tantissimo, e poi a scrivere. All’inizio mi divertivo a scrivere appunti di storia, di filosofia, a buttare giù pensieri e considerazioni sugli argomenti trattati. E’ difficile da spiegare, ma in quell’ambiente, nonostante i sacrifici e gli sforzi che dovevo compiere per superare esami durissimi come Economia Politica, Scienze delle Finanze, Diritto Civile ecc. , io non percepivo più quella pesantezza e quella noia che mi avevano accompagnato per gran parte del mio percorso di studi. In quel contesto, tra le mura dell’università, io ho conosciuto la passione. La passione per lo studio dei fenomeni sociali, la passione per la lettura e, in ultimo, la passione per la scrittura.
Quali sono gli scrittori dai quali si sente maggiormente influenzato o da cui trae ispirazione?
Mi piace leggere; quindi leggo un po’ di tutto: romanzi, tragedie, libri di sociologia, filosofia ecc. Tuttavia, devo ammettere che ho un debole per il romanzo storico, quello basato sugli intrecci, sui colpi di scena: insomma, il classico feuilleton. Quindi, il mio autore preferito, al quale cerco di ispirarmi (e lo dico in punta di piedi vista la grandezza del personaggio) non può che essere Alexandre Dumas. Come scrittore emergente ha dato vita alla sua prima opera “David il cammino di un uomo” , chi è il personaggio che ha portato in scena nel libro.David, il protagonista del romanzo, sembra uno dei tanti studenti universitari brillanti che cercano di costruirsi un avvenire in uno dei posti più ingiusti del paese: la provincia di Napoli. Come ogni ragazzo di buona famiglia David cerca di dividersi tra studio e lavoro, si dà un gran da fare per rispondere alle aspettative di sua madre e per assomigliare ogni giorno di più al suo mito, all’onesto e gran lavoratore che ha ammirato fino al giorno della sua prematura scomparsa: il papà. Da quel momento in poi, la figura paterna sarà per David un esempio a cui ispirarsi, il prototipo di uomo a cui tendere lungo il cammino della sua esistenza. Ma quando il giovane partenopeo deciderà di mettere il naso fuori dagli ambienti universitari per immergersi nella quotidianità del suo mondo e vivere la realtà di una provincia in cui il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, l’amore e l’odio si confondono in un gioco di luci e di ombre difficili da definire, David inizierà pian piano a mettere da parte i miti del passato per seguire gli insegnamenti di quella che diventerà la sua vera maestra di vita: donna Immacolata, un’anziana signora un po’ malconcia, ormai fuori dai giochi, ma con un passato alle spalle fatto di potere, dolore, morte. E quando il giovane universitario si troverà ad affrontare le sfide e i pericoli di una realtà in cui la camorra ha mille volti e un potere senza confini, quando qualcosa si romperà nei meandri dell’anima del protagonista, donna Immacolata sarà sempre lì, al suo fianco, pronta a guidarlo, a proteggerlo, a mostrargli la direzione che gli permetterà di camminare sulla linea strettissima che divide il bene dal male.Lei ha avuto l’opportunità di far parte della spedizione Onu in Libano come giornalista ci racconti questa esperienza e cosa ha significato per lei questa spedizione..Nel 2011 ho preso parte alla spedizione UNIFIL (United Nations Interim Force In Lebanon) come giornalista embedded insieme ad alcuni miei colleghi del master in giornalismo internazionale. Ricordo che, già a quei tempi, molti si chiedevano per quale ragione dovevamo mantenere un contingente piuttosto consistente di uomini e di mezzi in quella regione del Medio Oriente. Alcuni politici in campagna elettorale avanzarono anche l’ipotesi di ritirare le truppe dal Libano allo scopo di “non buttare più soldi” in quella che amavano definire una missione inutile. Per quel che mi riguarda, durante la missione ho avuto modo di apprezzare il lavoro svolto dai caschi blu, in generale, e dall’Esercito Italiano, in particolare, nel sud del Libano, nella zona di confine che divide Libano e Israele, due stati tutt’ora formalmente in guerra. In quella regione del Medio Oriente i caschi blu avevano, e hanno ancora, l’obiettivo di favorire il processo di pace tra i due contendenti. E proprio nel periodo in cui ero di stanza in Libano, le parti in conflitto erano impegnate nella definizione della Blue Line, la linea di confine che avrebbe dovuto separare in modo netto i territori dei due stati. Il sistema di definizione del confine era al quanto macchinoso. Stando alle dichiarazioni raccolte dai militari, le ambasciate dei due stati si riunivano, insieme ai delegati Onu che facevano da mediatori, in una anonima casetta bianca al confine tra i due stati. Gli incontri non avevano una cadenza prestabilita, tra un incontro e l’altro potevano passare anche diversi mesi. E tutte le volte che le parti arrivavano a un accordo si piantava un Blue Pillar lungo la linea di confine, una sorta di bidone blu con la scritta UN attaccato sulla sommità di un tubo di ferro e che aveva alla base un cilindro di cemento. Ora, immaginate un confine lungo decine e decine di chilometri che prende vita dal posizionamento di una serie di “bidoni blu” disposti uno dopo l’altro a distanza di poche decine di metri. Anche l’osservatore più incapace si sarebbe accorto che quel metodo aveva qualcosa di strano, di insolito. La storia ci insegna che i confini si decidono sulle mappe e poi si applicano sul territorio, senza troppi fronzoli o perdite di tempo. A tal proposito, iniziai a fare domande ai militari di stanza nella base di Shama, dove ero alloggiato, e ad alcuni sindaci del luogo. E a furia di insistere, alla fine venni a saper che le trattative erano al quanto complicate perché quella linea blu, che partiva dell’interno e sarebbe dovuta arrivare sulla costa, serviva soprattutto a definire lo sbocco sul mare dei due contendenti. Fin qui, nulla di anomalo; uno sbocco sul mare più o meno ampio può influire molto sullo sviluppo economico e geo strategico di una nazione. Ma questo discorso cambia, e acquista un valore enorme, quando appena sotto i fondali marini ci sono ingenti quantità di gas. Questo rende tutto più interessante, sotto il profilo giornalistico, ma anche più complicato sotto il profilo politico. In quell’occasione capii che le parole “interesse nazionale” non potevano essere racchiuse, costrette, all’interno dei confini di una nazione. E oggi più che mai, vista la crisi energetica legata alla guerra in Ucraina, l’Europa ha un ingente bisogno di nuovi pozzi da cui estrarre gas. E guarda caso, uno di questi pozzi, il Cronos-1, si trova proprio in quella zona, a circa 160 chilometri dalle coste cipriote. E guarda caso, saranno Eni e Total ad avere il diritto di estrarre e portare in Europa i miliardi di metri cubi di gas che giacciono in quei fondali. Una bella notizia per l’economia europea ormai alla canna del gas russo. Alla faccia di chi diceva che la missione in Libano era uno spreco di denaro pubblico. Quindi la si può definire a pieno titolo giornalista e scrittori e come concilia questi ruoli con il suo lavoro in fabbrica.Durante una delle lezioni del master in giornalismo, un docente ci disse che il giornalista non è colui che può vantare l’iscrizione all’albo e che magari si occupa d’altro. Il giornalista è colui che, indipendentemente dall’iscrizione all’albo, fa il giornalista. Il giornalista è colui che si occupa quotidianamente della ricerca e della diffusione delle notizie e che viene pagato per questo. Io, attualmente, svolgo un altro lavoro, sono un impiegato che lavora nelle scuole superiori, non vivo di giornalismo, e quindi non posso definirmi un giornalista. Ed è grazie a questo lavoro, e al tempo libero che riesco a ricavarmi, che oggi posso dire che faccio anche lo scrittore. Prima, quando facevo l’operaio e lavoravo su tre turni, scrivere anche una mezza pagina al giorno era un’impresa titanica. Se non fosse stato per la voglia e la passione sconfinata che avevo covato per anni dentro di me, non sarei mai riuscito a portare a termine il mio romanzo. Solo Dio sa quanto mi è costato e quanta felicità ho provato quando ho avuto tra le mani la prima copia del libro. E’ stato meraviglioso. Preferisce gli autori classici o contemporanei?Il mio autore preferito è Alexandre Dumas (padre), ho un debole per il romanzo storico. Detto ciò, a me piace leggere, quindi leggo un po’ di tutto. Nella mia libreria ci sono i classici di Sofocle, Euripide, Eschilo, ma anche romanzi di scrittori contemporanei come Isabel Allende, Ken Follet, Erri De Luca, Paulo Coelho, Margaret Mazzantini, Michela Murgia, Valerio Massimo Manfredi e tanti altri. In linea di principio, leggere molto dovrebbe far male solo alla vista. Per il resto, oltre che un piacere, è anche un modo per imparare a scrivere bene. Che messaggio e che possibilità dà oggi il mondo della scrittura ai giovani autori in un settore particolare e in perenne cambiamento ormai assorbito dalla rete? C’è spazio in Italia per giovani scrittori talentuosi?Io credo che lo spazio per i giovani di talento ci deve essere. Raccontare storie, tramandare esperienze, riferire fatti, generare riflessioni, trasmettere sentimenti, deve essere il compito principale di chi ha la stoffa e la passione per fare questo tipo di lavoro. La formazione dell’uomo e di intere civiltà, soprattutto quelle più progredite, sono state spesso plasmate da manoscritti immortali che contengono insegnamenti meravigliosi. Nello specifico il mio pensiero va a libri come “Edipo Re”, “Le Baccanti”, “Antigone”, “Prometeo”, “La fattoria degli animali”. “La banalità del male” e tanti altri. Certi scritti hanno contribuito e possono contribuire ancora a formare le coscienze di uomini e donne. E i giovani scrittori, attraverso i loro studi e i loro scritti possono continuare l’opera attraverso il Web. Internet può offrire opportunità immense alla scrittura e al mondo della comunicazione in generale a patto che a gestirla ci siano donne e uomini capaci e di talento. Se decidiamo invece di lasciare la rete nelle mani dei gossippari e ciarlatani …be’ allora in tal caso meglio fermarsi al buon vecchio libro di carta acquistabile da chi ha ancora voglia di leggere e di formarsi. I suoi progetti futuri.Prima di riprendere a scrivere la seconda parte di “David il cammino di un uomo” mi piacerebbe dar vita a un romanzo che abbia come protagonisti le persone comuni, magari un po’ sfortunate. In fondo, se c’è una cosa che ci ha insegnato Manzoni attraverso il suo capolavoro, I Promessi sposi, è che alle volte anche le persone comuni possono essere protagoniste di storie meravigliose.