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Bando CortoCulturalClassic CINECIBUS 2022 - La grande festa del cinema giovane a Palma Campania
14/02/2022
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Sezione CortometrArte del 17° Premio letterario NCC - I VIDEO IN FINALE DA VOTARE
09/05/2022
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Sezione G - studenti di scuola superiore - Decretati i vincitori della BORSA DI STUDIO
09/05/2022
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Virginio : " Mi definiscono spesso un “ribelle gentile”, nel senso che nella mia vita ho fatto scelte sempre controcorrente.."
19/04/2021
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Eduarda Iscaro e Giovanni Block tra gli artisti di Roda Viva Chiesa di Santa Maria Donnalbina
13/05/2022
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#BIODATE/LETTERARIE - Dante Gabriele Rossetti
12/05/2022
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09/05/2022
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Sezione CortometrArte del 17° Premio letterario NCC - I VIDEO IN FINALE DA VOTARE
09/05/2022
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Eduardo Scarpetta miglior attore non protagonista dedica il David di Donatello
04/05/2022
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Agenda teatrale dal 9 al 15 febbraio 2015 in Campania
Teatro Modernissimo di Telese Terme
Info 0824976106
Martedì 10 febbraio ore 20.45
Ghione Produzioni
presenta
Giorgio Albertazzi in
Il mercante di Venezia
di William Shakespeare, traduzione e adattamento Giorgio Albertazzi
con Franco Castellano
regia Giancarlo Marinelli
Per me “Il Mercante di Venezia” è sempre stata la sinfonia della giovinezza. Antonio, Bassanio, Lorenzo, Porzia, Jessica, sono l’incarnazione del sublime epigramma di Sandro Penna: “Forse la giovinezza è solo questo/ perenne amare i sensi e non pentirsi”.
In nome dell’amore non c’è pentimento se si domanda una fortuna in prestito ad un amico con il rischio di rovinarlo; in nome di una libbra d’amore non c’è rimpianto se, per un amico, sei disposto a dare in garanzia una libbra della tua carne; e non c’è tormento, né dolore, se, per seguire un uomo che ti fa una serenata giù dal balcone, fuggi dalla famiglia, calpesti il cuore di un padre che per te solo vive, trafugandogli dalla casa le cose più preziose; persino quando, (come nel caso di Porzia- Amleto), l’ombra del padre defunto continua a condizionare la tua scelta d’amore, tenendoti a guinzaglio, direttamente dall’Ade, o il dogma cieco di una legge sembra spegnere definitivamente il tuo sogno di felicità, intervengono puntuali un sotterfugio o un travestimento, un colpo di teatro e di giovinezza, (che son la stessa cosa), in grado di infrangere gli ostacoli.
Sarà per questo che la Venezia di Shakespeare, nella mia fantasia, nulla a che vedere con quella pastellata ed appestata di Thomas Mann o con quella livida e morente di Giuseppe Berto; immagino questa Venezia simile ad una spiaggia della California; ragazzi bellissimi, donne sinuose come sirene, moto (scafi) che alzano la sabbia e le onde, un senso continuo di vertigine, una perpetua vacanza, musica dappertutto, feste dappertutto, un sabato sera periodico nella impossibile moltiplicazione della giovinezza: questi ragazzi veneziani fanno continuamente ciò che io, ogni volta che approdo in Laguna, vorrei fare: il bagno. Li vedo sempre umidi e seminudi, distesi al sole; anfibi verticali che sbracciano e abbracciano la città.
E Shylock? Da dove vengono la sua malvagità, la sua avarizia, la sua ostinazione a fiutare, fino ad asportare, l’odore del sangue? Mi son sempre chiesto: Shylock è semplicemente un antagonista agli eroi sopra citati? Shylock è unicamente la nota dissonante e stonata dentro alla sinfonia della giovinezza? Chi è veramente Shylock?
Ho visto e soprattutto letto, la riduzione, (o forse l’ampliamento, o forse la perizia poetico ermeneutica), firmata da Giorgio Albertazzi, e mi sono bastate poche parole per risolvere il mistero: “Dovrebbe essere giorno secondo lo schema spazio-tempo, invece per noi è sera. Diciamo tramonto”, scrive Albertazzi.
Giorgio Albertazzi ha fatto del “Mercante” un perfetto ibrido che sembra ora scritto da Strindberg e ora da Sartre, passando per la lussuria di Baffo e per i giocosi azzardi di Goldoni. Ha subito capito, fin dai vagiti della luce, che qui l’alba e il mattino, (sommariamente intesi come il primordio della vita e quindi la giovinezza), e il tramonto e la sera, (da considerarsi come tenebra, come male: come Shylock), sono di fatto non distinguibili: è come se i giovani veneziani e il vecchio ebreo siano cerchi nell’acqua creati dallo stesso sasso, riflessi specchianti dello stesso corpo, della stessa vita: Shylock odia Antonio, Bassanio e la loro cricca perché vorrebbe depredare quella giovinezza che non ha più, (di qui l’ossessione per la libbra di carne, che ha, di fatto, lo stesso significato dell’ossessione per l’immortalità di Faust); e Antonio e Bassanio detestano Shylock perché, in qualche modo, in lui scorgono il tramonto, il capolinea, il bicchiere rotto a fine festa che, inesorabilmente, li attende. In questo senso Shylock è Antonio; Shylock è Bassanio; Shylock è Porzia. E’ tutto ciò che sono e tutto ciò che saranno. Per questo Shylock non può essere l’ebreo rachitico, obliquo ed incartapecorito tratteggiato da Celine; anzi, è uno splendido condottiero, un ipnotico sciamano che si muove tra le calli a bordo di una stranissima zattera, (così come aveva immaginato Zanzotto per un film di Fellini).
Shylock, per me, è magnetico, irresistibile, perfettamente padrone di ogni avventura e sventura; tanto da rendersi conto, nel processo finale, che Porzia si è travestita da giureconsulto: è Shylock che decide di chinare il capo, di perdere tutto. Di tornare giovane dentro a Porzia. Sì; Shylock è l’uomo più bello e più giovane che io conosca. E’ Giorgio Albertazzi.
Giancarlo Marinelli
Teatro Roma di Portici
info 081472662
Mercoledì 11 febbraio ore 21.00
Teatro Diana di Nocera Inferiore
info 3347009811
Giovedì 12 febbraio ore 21.00
Teatro Comunale di Lacedonia
info 3346632836
Venerdì 13 febbraio ore 20.45
Teatro Auditorium Tommasiello di Teano
info 0823885096 - 3333782429
Sabato 14 febbraio ore 20.45
Teatro Gelsomino di Afragola
info 08185222901
Domenica 15 febbraio ore 20.45
Un progetto di
Nando Mormone e Alessandro Siani
Benvenuti in casa Esposito
Commedia in due atti scritta da
Paolo Caiazzo, Pino Imperatore e Alessandro Siani
Liberamente tratta dal romanzo bestseller
Benvenuti in casa Esposito di Pino Imperatore (Giunti Editore)
supervisione artistica Alessandro Siani
regia Paolo Caiazzo
aiuto regia Pino L’Abbate
con
Paolo Caiazzo, Loredana Simioli, Nunzia Schiano, Salvatore Misticone,
Mimmo Esposito, Maria Rosaria Virgili, Gennaro Silvestro, Federica Altamura
Nessuno ha imposto a Tonino Esposito di fare il delinquente. Eppure lui vuole farlo a tutti i costi, anche se è sfigato e imbranato. Perché vuole mostrarsi forte agli occhi di tutti. E perché è perseguitato dal ricordo del padre Gennaro, che prima di essere ucciso è stato un boss potente e riverito nel rione Sanità, a Napoli.
Così Tonino, tra incubi e imbranataggini, resta coinvolto in una serie di tragicomiche disavventure che lo portano a scontrarsi con i familiari, con le spietate leggi della criminalità e con il capoclan Pietro De Luca detto ’o Tarramoto, che ha preso il posto del padre. E quando non ce la fa più, quando tutto e tutti si accaniscono contro di lui, va nell’antico Cimitero delle Fontanelle a conversare con un teschio che secondo la leggenda è appartenuto a un Capitano spagnolo.
Nel tentativo di riportarlo sulla strada dell’onestà, il teschio del Capitano si trasforma in un fantasma e appare a Tonino ogni volta che lo vede in difficoltà. Dalla comica “collaborazione” tra i due co-protagonisti della commedia nascono episodi esilaranti, che trovano il loro culmine nel periodo in cui Tonino, dopo aver messo nei guai ’o Tarramoto, assume la reggenza del clan e adotta un “programma di governo” che prevede, tra l’altro, comportamenti virtuosi ed ecocompatibili da parte dei camorristi che fanno parte della cosca.
Intorno a Tonino, al Capitano e a De Luca si muovono altri personaggi memorabili: Patrizia, moglie di Tonino, procace e autoritaria; i suoi genitori Gaetano e Assunta, che si strapazzano di continuo; Manuela, vedova del boss Gennaro, donna dai nobili sentimenti; Tina, figlia di Tonino e Patrizia, ragazza ribelle e contestatrice.
Non manca, in casa Esposito, una presenza animalesca: Sansone, un’iguana del genere meditans, che fa da contrappunto a tutti i divertenti momenti della commedia.
L’opera – che si avvale della partecipazione straordinaria in video di noti attori partenopei – con dialoghi irresistibili, colpi di scena e messaggi di grande valore etico, mostra gli aspetti più cafoni e ridicoli della criminalità, rispolvera la grande tradizione comica napoletana e fa ridere e riflettere.
Un modo nuovo di raccontare e denunciare la malavita, perfettamente in linea con i contenuti del romanzo bestseller Benvenuti in casa Esposito, che è stato un vero e proprio caso letterario.
Un libro che ha scalato le classifiche grazie al passaparola e all’entusiasmo di migliaia lettori in tutta Italia e che è stato adottato da scuole, istituzioni pubbliche, associazioni antimafia, comitati civici, gruppi che si battono per la Legalità.
Gli Esposito stanno arrivando. Preparatevi a ridere insieme a loro!
Teatro Ricciardi di Capua
Info 0823963874
Giovedì 12 febbraio ore 21.00
Compagnia di Teatro di Luca De Filippo
presenta
Sogno di una notte di mezza sbornia
di Eduardo De Filippo
(liberamente tratta dalla commedia “La fortuna si diverte” di Athos Setti)
con
Luca De Filippo, Carolina Rosi, Nicola Di Pinto, Massimo De Matteo
scene Bruno Buonincontri, costumi Silvia Polidori,
musiche Nicola Piovani
regia Armando Pugliese
Dopo il lavoro degli ultimi anni, durante i quali è stato realizzato un puntuale approfondimento sulla drammaturgia di Eduardo del primo dopoguerra, con Sogno di una notte di mezza sbornia la Compagnia di Teatro di Luca De Filippo propone un nuovo progetto, questa volta specificatamente tematico, sui testi di Eduardo, in un percorso che porterà successivamente all’allestimento di “Non ti pago”, che lo stesso Eduardo definisce “una commedia molto comica che secondo me è la più tragica che io abbia scritto” .
Infatti “Sogno di una notte di mezza sbornia” - scritta da Eduardo nel 1936 - ne è il prologo naturale: si parla di sogni, vincite al lotto, superstizioni e credenze popolari di un’ umanità dolente, che solo in questo modo ha la capacità di pensare a un futuro migliore per sopravvivere al proprio presente.
Questa commedia fu tratta da “La fortuna si diverte”, scritta da Athos Setti nel 1933 per la scena toscana; fu poi rappresentata nel 1934 da Ettore Petrolini in romanesco con il titolo “La fortuna di Cecè” e da Angelo Musco in siciliano come “La Profezia di Dante” per arrivare nel ’37 al Teatro Umoristico dei De Filippo col titolo e l’adattamento che conosciamo, con numerose riprese durante le varie stagioni dato lo straordinario successo riscontrato. La commedia fu valutata dalle recensioni dell’epoca tra le più esilaranti che la compagnia Umoristica "I De Filippo" abbia mai messo in scena.
“…Attraverso questo lavoro Eduardo ha l’opportunità di indagare profondamente sui linguaggi, le forme, i ritmi teatrali, […] di fare propria una commedia scritta da altri restituendo alla collettività teatrale la sua identità di artista e di creatore.” (R. De Simone)
Utilizzando lo stile comico, a volte grottesco fino a pervenire alla farsa, Eduardo combina la forma della classica e antica tradizione teatrale napoletana con le tematiche che saranno sviluppate appieno nelle sue commedie successive. Al centro di “Sogno di una notte di mezza sbornia” c’è dunque il popolare gioco del lotto, dove però qui la scommessa si pone fra la vita e la morte e i rapporti sono fra il mondo dei vivi e il mondo dei morti.
Nello sviluppo della commedia . inoltre presenza sostanziale la comunità dei familiari e degli amici, stretta intorno al protagonista ed al suo dramma forse più per egoistico interesse personale che per solidarietà e sostegno, una comunità grazie alla quale Eduardo può declinare il carattere corale e sfaccettato della sua drammaturgia.
E poi, soprattutto, c’è il finale che non chiude, ma rilancia una sorpresa che non si consuma mai, fra gioco dell’esistenza e gioco della scena. Ancora una volta Eduardo, in modo ironico e intelligente, pungente e raffinato, ci propone un'occasione di riflessione sul nostro modo di stare al mondo.
Breve sinossi
A Pasquale Grifone, un povero facchino, piace alzare il gomito e quando beve fa sogni strani, così da ricevere la “visita” di Dante Alighieri, del quale gli era stato regalato un busto in gesso. Il Poeta suggerisce all’uomo quattro numeri da giocare al lotto, sottolineando però che essi rappresentano anche la data e l’ora della sua morte. Di lì a poco, la quaterna esce e Pasquale vince una forte somma di denaro; la famiglia si adatta prestissimo alle nuove condizioni e nessuno si preoccupa della crescente disperazione del povero Pasquale, terrorizzato dalla sua "imminente" morte, cercano anzi di convincerlo del fatto che si tratti solo di una sciocca superstizione. Il giorno annunciato però la famiglia si veste a lutto: tutti, ormai, sono convinti che quelli siano gli ultimi momenti di vita dell’uomo ma quando il pericolo sembra ormai scongiurato un colpo di scena riapre il gioco…
Teatro Comunale Costantino Parravano di Caserta
info 0823444051
Da venerdì 13 a domenica 15 febbraio
(feriali ore 20.45 - festivi ore 18.00)
ENFI Produzione
presenta
Carlo Buccirosso
in
Una famiglia quasi perfetta!
scritto e diretto da Carlo Buccirosso
con
Rosalia Porcaro
Gino Monteleone, Davide Marotta, Tilde De Spirito
Peppe Miale, Fiorella Zullo, Giordano Bassetti
In una piacevole e tranquilla villetta residenziale, una pacifica famigliola, lui affermato psicologo, lei insoddisfatta casalinga, sembrano vivere in apparente armonia assieme al loro figlioletto, adottato sin dall’età di sei anni, e che ora appare come il loro principale punto di riferimento, fin quando un giorno, un inaspettato evento arriverà a turbare la pace della loro esistenza: il padre naturale dell’amato e coccolato pargolo, che piomba nel tepore delle mura della casa a recriminare la paternità di suo figlio!
Sembra una normale vicenda legata alle difficoltà che l’adozione di un figlio a volte può arrecare, ma il disordine legislativo, la mancanza di una quotidiana tutela del cittadino, unite alla presunzione di convenienza che ormai regna nel nostro “bel paese”, e cioè che tutti siamo colpevoli di tutto, salvo prova contraria, porteranno gli eventi sul precipizio di una normale tragedia quotidiana, cui la nostra spietata battaglia esistenziale ci ha ormai tristemente abituati…
Carlo Buccirosso
Teatro Minerva di Boscoreale
info 3664512310
Venerdì 13 febbraio ore 20.30
Teatro Magic Vision di Casalnuovo
Info 0818030270, 3292180679
Sabato 14 febbraio ore 20.45
Tunnel Cabaret
presenta
Maria Bolignano in
Caburlesc
con Francesco Mastrandrea
e con
Daniele Mango
Simona Di Maio e Dimitri Tetta
Fabio Moschetti
Luisa Picardi in arte Lolette
scene Francesco Felaco, costumi Gina Oliva e Anna Zuccarini
light designer Mario Esposito, coreografie Ada De Rosa
trucco e parrucco Metamorfosi Fusion, abiti Mimmo Tuccillo
regia Maria Bolignano
Direttamente dal burlesque dell’Inghilterra vittoriana, o quasi, approda il Caburlesc (un po’ cabaret un po’ burlesque) di Maria Bolignano. Una performance dove l’imperfezione diventa virtù conclamata.
L’attrice e autrice partenopea, coadiuvata in scena da due mimi , un giocoliere, un cantante soul , un ring master ed una burlesquer molto particolare , con movenze ironicamente suadenti e toni di voce avvolgenti, sfida il costume e le tendenze celebrando “l’inadeguatezza e l’imprecisione” femminile come inno di libertà. Tra uno spogliarello a suon di anni ’80 e una gag rompe i cliché con l’ironia di un linguaggio dissacrante e irriverente, che capovolge totalmente uno status esasperato ed esasperante. La comicità come arma di seduzione dove piume, bustini e volants da un lato , ironia e satira di costume dall’altro, si fondono insieme in una esilarante interazione con il pubblico dove l’improvvisazione tende a provare e a costatare che una donna può essere “charmante” non solo grazie al suo corpo ma anche e soprattutto grazie alla sua anima. Un connubio perfetto tra cabaret di parola e burlesque dunque, che strizza l’occhio alla tradizione della comicità napoletana in un’ottica assolutamente moderna e femminile, rende lo spettacolo di Maria Bolignano un vero e proprio momento coinvolgente dove ogni spettatore si sente protagonista di una tela dai colori forti ma con tratti morbidi.
Perché il burlesque non è solo una forma di spettacolo ma una filosofia di vita: “Non bisogna mai prendersi troppo sul serio” come dice l’autrice “ e se proprio volete farlo, fatelo pure senza di me!!!”.
Questo grande artista ha voluto “donare” alla compagnia una sua idea “burlesque”, che la Bolignano trasformerà in una gag nello stesso tempo spiazzante ed irriverente, rispondendo pienamente a quello che è lo spirito di questo spettacolo.
Teatro Carlo Gesualdo di Avellino
info 0825771620
Sabato 14, ore 21.00, e domenica 15 febbraio, ore 18.30
Compagnia Gli Ipocriti e Fondazione Teatro della Pergola
presentano
Vittoria Puccini - Vinicio Marchioni
in
La gatta sul tetto che scotta
di Tennessee Williams
traduzione di Gerardo Guerrieri
con
Paolo Musio, Franca Penone, Salvatore Caruso
Clio Cipolletta, Francesco Petruzzelli
scena Dario Gessati
costumi Gianluca Falaschi
luci Pasquale Mari
musiche Francesco De Melis
regia Arturo Cirillo
Secondo Premio Pulitzer nel 1955 per il drammaturgo statunitense Tennessee Williams (il primo nel 1948 gli venne assegnato per Un tram che si chiama desiderio), La gatta sul tetto che scotta narra la storia di una donna, Maggie, che per alleviare la cocente situazione familiare in cui si trova, imbastisce una rete di bugie. Di bassa estrazione sociale, Maggie la gatta, teme di dover lasciare la casa ed il marito, se non riesce a dare alla famiglia di lui un erede. Tra giochi passionali e abili caratterizzazioni, affiorano sensualità cariche di sottintesi e di contenuti inespressi o inesprimibili; all’ideale della purezza dei sentimenti si contrappone la dura realtà di un mondo familiare e sociale pieno di ipocrisie.
Note di regia
La famiglia è ancora il luogo dove Williams fa risuonare le sue parole, il luogo dove, grazie alla sua capacità di narrare i sentimenti dei personaggi, un gruppo di attori possono dare vita ad una coralità di conflitti. È difficile trovare in questo autore dei personaggi non risolti, dei personaggi di cui sia difficile trovare una propria emotività, sarà anche perché lui non sembra avere paura del melodrammatico, dell'eccesso, del melò, anzi li usa come parte della nostra vita. Forse proprio perché non ha paura del falso e dell'esagerato riesce, per contrasto o completamento, a trovare il vero. Pochi scrittori di teatro come lui hanno avuto un rapporto così forte con l'immaginario, e non
a caso la più grande industria del sogno che è il cinema lo ha coinvolto spesso, infatti "La gatta sul tetto che scotta" è un celeberrimo film hollywoodiano degli anni '50. Ma prima è stato un testo per il teatro dove si concentra in un unico spazio temporale e fisico l'ossessione di un'idea di amore impossibile, perché troppe sono le rinunce di una famiglia dedita al successo e ai soldi, alla proprietà, in cui la vita appartiene a chi la sa comprare e a chi la vive secondo la più bieca convenzione. Sotto, nascosto da qualche parte ma che scalpita e brucia, c'è il sogno, di due uomini che si innamorano, di una donna che fugge dalla povertà della sua infanzia, di un dispotico e misogino padre imprenditore, fattosi tutto da se, che scopre davanti all'ipotesi della propria morte una fragilità ed una tenerezza per il figlio alcolizzato, sportivo fallito. Ma anche il sogno della moglie di lui, donna abituata a fare di se stessa la rappresentazione vivente di una bugia ma che alla fine non potrà che farsi abitare dalla propria infelicità. Poi ci sono l'altro figlio, avvocato rampante e prolifico di prole, e la sua consorte, arrivati in casa per impossessarsi dell'intera eredità del padre morente, portatori di fasulli "nidi d'amore", ma in fondo drammaticamente vittime di carenze d'affetto. Ma Williams mette anche in scena, non casualmente, un prete molto interessato ai beni terreni, e un medico burocrate del dolore.
In un gioco drammaturgico di contrasti, dove alla mancanza di figli di una coppia corrisponde una presenza eccessiva e quasi nevrotica di bambini da parte dell'altra, dove mentre due coniugi si torturano per il loro non riuscire ad amarsi, si frappongono suoni di canzoncine e giochi di bambini, ma anche sinistri grida di falchi. Il contro canto, la stonatura è ciò che più caratterizza il mondo di questo inquieto scrittore americano, americano ma per fortuna universale e senza tempo nel riuscire a parlarci di noi, nonostante che siano passati molteplici decenni, e che temi come l'omosessualità siano diventati meno celati di prima. Ma vogliamo immaginarci ancora oggi cosa comporti all'interno di una coppia eterosessuale la presenza di un partner con tendenze sessuali diverse? All'interno del mondo dell'imprenditoria e dello sport l'idea di un uomo che non sia per forza un conquistatore di donne? O cosa, ancora più difficile, comporti arrivare ad una serena accettazione di se stessi? Pochi personaggi sono così misogini come il padre di "La gatta sul tetto che scotta", come pochi personaggi hanno in se una così forte femminilità come suo figlio Brick.
Poi ci sono le donne che hanno vissuto la complessità della vita e che si trovano a dover difendere il proprio amore contro un mondo che le offende, le isola, spesso non le ama. La gatta Margaret, parente della Blanche di "Un tram chiamato desiderio" anche se meno distruttiva, non si dà pace e non si dà per vinta, difronte alla rimozione di suo marito, e difronte alla solitudine di un letto abitato solo da lei, rivendica il proprio desiderio di felicità con l'uomo che comunque ama, anche per le sue ambiguità.
Come i vetri degli animaletti di un personaggio di un altro testo di Williams, "Lo zoo di vetro" da me molto amato e frequentato in questi ultimi anni, anche i personaggi di questo dramma si rompono, vanno in frantumi, facendo molto rumore, anche se ci sarà l'ipocrisia di chi dirà che non ha sentito niente, di chi non si è accorto che c'è una casa che brucia e sopra al tetto che scotta una gatta, che di saltare giù non ne vuol proprio sapere.
Arturo Cirillo
Teatro Politeama di Torre Annunziata
Info 0818611737
Sabato 14 febbraio ore 20.45
Musicaè Management
presenta
Da grande voglio fare il sindaco
di Lino D’Angiò e Maurizio De Angelis
con Lino D’Angiò
“La mia non è ne una discesa ne una salita, semplicemente una rimasta in campo”. E’ con queste parole che il noto trasformista partenopeo Lino D’Angiò, annuncia la sua decisione di lanciarsi nell’arena politica italiana. Una scelta presa dopo tante tribolazioni, ma con la consapevolezza che è ormai necessario che qualcuno indichi la giusta via, la terza.
Da Grande voglio fare il sindaco è il titolo del comizio spettacolo con il quale il napoletano sta dimostrando a tutta la Campania che un altro modo di fare politica esiste, il suo. Un programma trasversale, scritto per la gente e portato nei teatri finalmente da uno che quelle tavole ben le conosce. Il sipario si aprirà finalmente su un professionista dello spettacolo, non uno dei tanti improvvisati che in questi mesi hanno riempito le sale di militanti.
Uno che con il suo dissacrante comizio metterà alla berlina tutti i suoi avversari. Meglio essergli amico che nemico, è la regola non scritta da anni rispettata da tutti i maggiori esponenti delle correnti politiche nazionali. Per annunciare il proprio endorsement al candidato Lino D’Angiò, sulle tavole del teatro, ci saranno esponenti del mondo politico, culturale e religioso del calibro del cardinale Crescenzio Sepe, Giorgio Napolitano, Aurelio De Laurentiis, Nino D’Angelo, Gennario D’Auria, Vincenzo De Luca e Luigi De Magistris.
Una vera e propria consegna del testimone che darà a D’Angiò l’opportunità di coronare quelle che da sempre sono le speranze di un giovane e brillante napoletano che ha avuto un solo sogno, ossia quello di raggiungere la poltrona più ambita, ma allo stesso tempo più scomoda, per un cittadino partenopeo.
Da grande voglio fare il sindaco è il naturale porto d’arrivo per un artista che nelle figure politiche ha storicamente attinto a piene mani. “Per conoscere i cittadini si deve cominciare dal primo, ma allo stesso tempo non bisogna tralasciare le tante piccole sfaccettature che caratterizzano il nostro essere meridionali” commenta così l’attore il suo ultimo spettacolo.
“L’essere meridionali nasce da uno strano mix di superstizione, religiosità, politica gridata che i personaggi che da sempre ho personificato negli anni di spettacolo mi hanno permesso di approfondire. Credo, grazie a loro, di essere diventato un profondo conoscitore della cultura napoletana e di larga parte del sud d’Italia”.
Prima di cimentarsi con la stesura di Da grande voglio fare il sindaco, Lino D’Angiò si è assicurato centinaia di repliche per Natale in casa Bassolindo, Spasso dopo spasso in casa Bassolindo, Il Codice D'Angiò e Faccio...Piazza pulita, piéce teatrali scritte di proprio pugno. Fortunata anche la produzione al di fuori del palco, in particolare per il piccolo schermo. Da anni D’Angiò scrive e conduce programmi televisivi.
Il primo di successo, TeleGaribaldi, è diventato in breve trampolino di lancio per diversi comici napoletani del calibro di Biagio Izzo, Rosaria De Cicco, Rosalia Porcaro, I Ditelo voi, Lisa Fusco, Antonio e Michele e Alessandro Siani. Avanzi Popolo! - The Original, Facciamo ...Piazza pulita, Il codice D'Angiò sono solo alcuni degli altri programmi che hanno portato l’attore napoletano nel programma di Antonio Ricci Striscia la notizia e a diverse apparizioni in programmi delle televisioni nazionali, quali La posta del cuore con Sabina Guzzanti, Quelli che il calcio con Simona Ventura e Fenomeni con Piero Chiambretti.
Ultimo, in ordine di tempo, lo strepitoso esperimento del Tg D’Angiò, realizzato con una serie di approfondimenti giornalistici e notizie straNordinarie sulla pagina napoletana del sito repubblica.it.
Teatro delle Arti di Salerno
info 089221807
Sabato 14, ore 21.00, e domenica 15 febbraio ore 18.30
Teatro Troisi Napoli
presenta
Claudio Tortora - Angelo Di Gennaro
in
Un uomo medio
di Claudio Tortora
regia Giacomo Carlucci
Teatro Comunale di Airola
Info 0823711844
Sabato 14 febbraio ore 20.30
Arancia Records e Musicaè Management
presentano
Federico Salvatore in
…E noi zitti sotto!
E’ il nuovo spettacolo teatrale di Federico Salvatore in lingua napoletana. E’ chiaro che dopo i consensi ottenuti con gli spettacoli Fare il napoletano stanca (del 2010) e Se io fossi San Gennaro (del 2012), Federico Salvatore non cambia registro, ma persevera sulla strada del Teatro – Canzone, che lega la canzone d’autore al monologo dialogico e parodistico, affrontando tematiche di impatto sociale e culturale.
In …E noi zitti sotto! (citazione tratta dal film Non ci resta che piangere di Massimo Troisi), Federico Salvatore aspira ad incarnare lo spirito satirico di un moderno Felippo Sgruttendio (pseudonimo di un misterioso poeta della Napoli del ‘600).
Oltre ad avere le iniziali F.S. in comune, i nuovi testi in vernacolo di Federico Salvatore tendono ad emulare la graffiante mordacità di quel colto poeta napoletano, che la maggior parte del pubblico, purtroppo, ignora!
‘O Palazzo, L’Inno di Papèle, L’Accademia ‘e ll’ova toste, Cammenanno, Lato B, Napocalisse, Dint’’o scuro, sono alcune delle nuove tematiche scritte per il primo tempo dello spettacolo, ma anche per l’album in vernacolo, pubblicato il 21 ottobre 2013, dal titolo Pulcin’hell.
Nel secondo tempo ritornano sul palco i “successi mediatici” a cui Federico Salvatore diede voce negli anni della sua popolarità.
Dalle Ninna nanne agli Incidenti (rivisitati e rinnovati negli arrangiamenti), per bissare, poi, con l’intramontabile e richiesta tarantella-j’accuse di Se io fossi San Gennaro.
In sintesi, lo spettacolo …E noi zitti sotto! è un’altra provocazione di una voce di protesta. Ed è bene che una voce di protesta sorga proprio da Napoli, poiché è di Napoli che si tratta e, soprattutto, di arte napoletana.
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