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Ricordiamo Il giovane danzatore Denis Vieira venuto a mancare in queste ore che si raccontava in esclusiva alla Cultural Classic : "Penso che l'unico modo è quello di essere onesti con se stessi e con i tuoi movimenti e gesti."
25/03/2015
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Bando CINECI' 2023 - Corti Cultural Classic 2023 per la sezione Carnevale al vincitore un premio di 2000 euro
01/12/2022
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Per la RUBRICA "Le buone letture" - LA VARIABILE UMANA di Elisabetta Stragapede
25/11/2022
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Novità dal Blog
L'artista Wang Shaoqiang direttore del Museo di Guangdong in Cina e Premio Napoli Cultural Classic sezione internazionale si racconta ....
13/01/2023
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L'attore e regista Danilo Rovani si racconta: "Dirigere ti mette di fronte a tensioni, responsabilità, problemi da dover risolvere con calma e pazienza. "
12/01/2023
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Prima edizione del Magnus Aureus ideato dalla FondazioneTotò Morgana diretta dal dottore Marco Serrao. Premiate Eccellenze che rendono merito al Territorio Calabrese.
10/01/2023
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Il Premio Magnus Aureus della Fondazione Totò Morgana sceglie Villa Rendano di Cosenza La Spiga d’Oro premierà le eccellenze della Scienza e della Cultura con l’attore Totò Cascio
04/01/2023
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L'attrice Francesca Borriero: "I personaggi che ho avuto modo di interpretare li ho sempre avvicinati tutti al punto da sentirli molto vicini a me ma non c’è dubbio che in alcuni casi sia più semplice ed in altri meno. "
03/01/2023
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Carla De Falco poeta - Intervista esclusiva Napoli Cultural Classic
DI CHI PARLIAMO
Carla de Falco
,
napoletana, quarant’anni confessati con simpatia; una laurea in Lettere, una specializzazione in studi aziendali, economici e dello sviluppo; in azienda, come formatrice e manager delle Risorse Umane e poi l’insegnamento e l’attività letteraria, ma non ci basta!
Cosa ci racconti di Carla bambina e poi adolescente a Napoli?
Ricordo un’infanzia molto tradizionale e familiare, calabrese almeno quanto napoletana, in verità. Era la fine dei plumbei anni ’70.
Poi un’adolescenza decisamente ribelle e partenopea. Senza travagli particolari, intendiamoci, ma decisiva per l’affermazione di me stessa e di quel che sarei diventata. Mi avreste facilmente trovata vicino al mare, a passeggio tra presagi in una sorta di perenne frontiera tra la primavera e l’estate. Erano i primi anni ’90 e coltivavo l’idea di una felicità possibile, futura, come ha da essere ogni felicità, ma possibile. Bei tempi. Anche per Napoli, che sembrava risorgere definitivamente. Sembrava.
Quali le motivazioni alla base delle scelte operate nel campo della tua Formazione?
Ho cercato sempre di fare studi seri, formativi nel senso più pieno del termine. Ho scelto ciò che mi interessava e, fino ad un certo punto, ciò che credevo potesse interessare il mercato del lavoro. Fondamentalmente sono una persona curiosa e dunque non ho faticato a conciliare, per dire, un Master in Sviluppo internazionale con varie specializzazioni post-universitarie in Didattica.
Cosa ha rappresentato per te l’esperienza maturata in azienda?
Una straordinaria esperienza di vita e di potere. Utile a capire che quella non era né poteva essere la mia strada.
Cosa significa per te l’insegnamento e quale ricaduta ha sulla tua vita?
L’insegnamento è un’attività entusiasmante, delicatissima, di estrema responsabilità. Chi lo esercita con dedizione, sa a cosa mi riferisco. A nulla possono gli scherni della società e la sistematica operazione di delegittimazione che, anche a livello politico, si è fatta in Italia della figura dell’insegnante. Chi insegna davvero sa che nessuna giornata di lavoro termina al suono della campanella. Mai. Perché i ragazzi chiedono di più. Chiedono attenzione, cura, supporto e ricerca. Costantemente.
Suggerisci ai tuoi studenti di scrivere ? perché ?
Sì. Innanzitutto insegno loro che è fondamentale leggere: non voglio che i miei ragazzi vadano a ingrossare il folto gregge di sedicenti scrittori che però non leggono. Poi, li faccio esercitare nelle forme di scrittura più varia: dagli haiku agli articoli di cronaca sportiva. Per scrivere, dico loro, occorrono metodo e rigore, ma anche stupore verso il sussurro della vita e il suo respiro franto e irregolare. Di tutto si può e si deve scrivere. Li spingo ad andare alla ricerca di particolari, di segreti, di dubbi. Voglio che osino. E lo facciano sempre immaginando come interlocutore privilegiato un pubblico di gente semplice.
In che modo e in quali circostanze ti sei avvicinata alla Poesia?
Non credo che scrivere sia una scelta, è, piuttosto, secondo me, l’insopprimibile risposta all’esigenza (tipicamente umana) di “dare forma”. La scrittura plasma il caos delle emozioni, degli avvenimenti, delle sensazioni; in questo senso, ognuno di noi – a suo modo- scrive. Qualcuno lo fa con i colori, altri con le note, altri ancora – magari – collezionando barattoli …
Io scrivo da tanto tempo. Alla poesia mi sono sempre dedicata sin da adolescente e poi, in età adulta, come docente, studiosa e appassionata. Da un anno, così quasi per caso, ho cominciato a mettere a sistema un po’ di idee, una poetica forse. Prima con esiti goffi, poi – piano piano- realizzando testi letterariamente più riusciti.
-Scrivo poesia per esigenza di dialogo con la vita e vivo la poesia come un atto di libertà-
:
vuoi ampliare per noi la sfera di tali affermazioni?
Di frequente mi viene chiesto perché scriva poesia e non prosa. Strana domanda, a ben pensarci. La poesia viene vissuta da molti come una sorta di arte “aliena” o, quanto meno, errata, per il mercato editoriale, per il pubblico, per la critica. Eppure nessuno, credo, si sognerebbe mai di chiedere a un artista “Perché scolpisci e non dipingi?”. E’ una domanda strana, perché – in qualche modo – sembra sottintendere una gerarchia d’opportunità tra le arti e, implicitamente, cataloga la poesia come arte più “debole”, anche nel suo elitarismo. Già Montale individuava nell’inutilità della poesia la sua nobiltà e, mi permetto di aggiungere, la sua salvezza.
E così scrivo poesia e non prosa perché voglio che la mia scrittura sia inutile, fuori dal mercato e dallo star system letterario, perché sono una donna libera e perché faccio solo ciò che mi piace e mi riesce meglio. Inoltre, la poesia lascia spazi di libertà più ampi anche al lettore nell’interpretazione, ma anche nell’approccio.
Hai vinto numerose selezioni editoriali e altrettanti concorsi letterari, ottenendo premi e riconoscimenti anche prestigiosi: che significato dai alla partecipazione e ai riconoscimenti che ricevi?
Un significato emotivo, innanzitutto. Nell’ordine, provo sempre incredulità, gratitudine e orgoglio. La poesia è un’arte povera di mezzi, inutile per molti ed errata per il mercato, come già detto. Eppure, paradossalmente, c’è tanta domanda di poesia. Ogni volta che vengo invitata a conferenze, reading, premi letterari, ricevo in tal senso una conferma. E mi piace essere lì, seduta tra quella gente che chiude gli occhi ascoltando i miei versi, come per assaporare meglio ogni emozione, ogni brivido.
Porti un ricordo particolare dei Premi ricevuti?
Tanti, non uno. In particolare, ricordo la timidezza e l’impaccio delle prime volte. Ricordo inoltre in Abruzzo, durante la premiazione dell’VIII edizione di Hombres, un pubblico costernato dalla notizia, piombata come un fulmine in sala, della bomba davanti alla scuola di Brindisi, nel maggio dello scorso anno. Fu difficile ricevere il premio, in quell’atmosfera di lutto e disorientamento. Avevo preparato un discorsetto, ma vi rinunciai e lessi una poesia dedicata ai giovani studenti e alle promesse che la vita deve loro. Io quasi piangevo, il pubblico sciolse la tensione con un applauso che mi sembrò infinito.
La tua prima silloge “Il soffio delle radici “(Laura Capone editore, 2012) è stata definita una sorta di diario esperienziale in versi declinato in quattro sezioni, ciascuna dedicata ad un elemento della natura, secondo il modello empedocleo: ci parli delle tue intenzioni compositive e di come ti sei posta nella definizione della raccolta?
Il soffio delle radici narra il mio cammino di donna fuori da ogni incastro, lontana da ogni compiacimento accademico e da ogni salotto letterario. Si tratta di un percorso di parole diviso in quattro sezioni, ciascuna idealmente dedicata, appunto, a un elemento della natura. Le quattro parti, di cui si compone questa silloge, affrontano ciascuna un tema specifico. La prima, il soffio delle radici, esplora il rapporto con la terra e le origini; la seconda, emozioni al confine, richiama l'ambito dell'emozione, declinata in questo caso nella sfera affettiva; la terza, la fiamma del canto, riflette sul senso e sulla necessità del canto poetico in un mondo che sembra averne sancito l'inutilità; la quarta, abissi per versi, scende - con un evidente gioco di parole - nell'angolo oscuro dell'essere umano.
La lettura del testo è un’esperienza intensa e dolorosa. Nella poesia emerge, per esempio, il senso d’ identità e d'attaccamento alla nostra terra, con tutto il suo disperato vissuto senza riscatto. Il Sud, che rapisce coi suoi colori caldi, dal rosso del sangue al marrone del caffè, e che ci costringe ad un viaggio difficile, perché quello che sopravvive sembra offeso per sempre. Eppure un barlume di speranza può ancora intravedersi, nella voce del mare con i suoi preziosi ammonimenti paterni, nella neve che copre e purifica la terra, nell’emozione dell’essere figlia e madre a ogni costo, nella parola tagliente come una lama in un mondo conformista e privo di colore. E nella poesia, ovviamente. Nel mio libro, per concludere, la parola poetica costantemente rivela e frena il tema di fondo: il "contraddittorio" tra radicamento e irrinunciabile erranza.
Antologia con testi di Carla
Oltre quella per la Scrittura, coltivi altre “passioni”?
Mio marito, mio figlio, gli amici, l’insegnamento, lo yoga e la buona cucina.
Quali sono i valori in cui credi fermamente e che riesci a trasmettere agli altri?
La verità, la libertà e l’amore. Tre valori soli, più probabilmente –a ben guardare - tre utopie. Eppure mi piace immaginare che un futuro migliore sia possibile, almeno per chi sappia parlare alla verità e sia disponibile a credere nei sogni. Come Artabano, il quarto re dei Magi che, come ogni vero poeta, scelse di non arrivare a Betlemme e preferì rimanere indietro a testimoniare, con la sua vita e con il suo dono di libertà, l’inizio di una nuova era d’amore tra gli uomini. Mi piace crederlo, sì. Esigenza, la mia, di dare solidi argini alla speranza.
Hai avuto modo di constatare l’operato dell’Associazione Napoli Cultural Classic: cosa ne pensi?
Mi sono avvicinata all’Associazione tramite il web e seguendo il Vostro Concorso letterario. Cosa ne penso? Tutto il bene possibile. Associare alla classicità ed alla cultura il nome di Napoli, promuoverne gli artisti e favorire gli autori è, in questi tempi drammaticamente cupi e deprivati, un atto di nobile resistenza.
Tutti invitati alla presentazione del libro a Napoli
16 marzo 2013 ore 18,00
Libreria Loffredo via Kerbaker, 19
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