La verità sul Gran Bordello cinema (e bondi pensa a dimettersi) - c’era un accordo, ragionevole e non carogna, firmato da tutti: produttori, esercenti, distributori e autori. La prima cosa giusta fatta da quel fesso di Bondi. Un aumento di un euro, non tassato, sul biglietto, in modo da avere ogni 120 milioni a disposizione per finanziare il tax-credit, e 30 per rimpolpare il Fus - Sono stati gli esercenti, convinti dai grandi circuiti e dagli americani, a rimangiarsi la parola… 1- LA VERITÀ SUL GRAN BORDELLO CINEMAMichele Anselmi per "il Riformista"
Adesso tutti negano, ma l'accordo c'era, eccome, e per nulla dei peggiori, anzi. Lo fa per primo il ministro Sandro Bondi: "Smentisco categoricamente che il decreto Milleproroghe preveda l'istituzione di un contributo speciale di un euro sui biglietti di ingresso al cinema. Ogni altra notizia al riguardo è fuorviante e priva di fondamento".
A sinistra Sandro Bondi negli anni della militanza nel Pci A destra oggi nel ruolo di coordinatore del Pdl Tremontaccitua A seguire Paolo Protti, presidente di Agis-Anec, l'associazione degli esercenti: "Smentisco che siano in programma generalizzati aumenti del biglietto a seguito di una ipotetica tassazione che avrebbe dovuto colpire il settore". Infine il ministro Giulio Tremonti: "La notizia sull'istituzione di un contributo speciale di un euro sui biglietti d'ingresso, che sarebbe contenuta all'interno del decreto Mille proroghe, è totalmente priva di fondamento".
Non è vero. Del provvedimento, già messo a punto nei dettagli e stampato, si sarebbe dovuto discutere ieri mattina in Consiglio dei ministri se gli esercenti cinematografici, in particolare i grandi circuiti The Space e Uci, spalleggiati dalle case hollywoodiane (Fox, Universal, Warner Bros, Sony, Disney), non avessero puntato i piedi all'ultimo momento, martedì sera, minacciando "ritorsioni e turbolenze", addirittura di smontare i film italiani sotto Natale.
ANDREA PURGATORI BEPPE FIORELLO BERLUSCONI TREMONTI L'idea del governo, messa a punto dopo lunga serie di incontri, era semplice. Introdurre un contributo straordinario di un euro sul biglietto, naturalmente non tassabile, in modo da reperire in modo massiccio e sistematico risorse da destinare al settore. Diciamo circa 120 milioni di euro all'anno: 90 per finanziare tax-credit e tax-shelter, ovvero le misure di agevolazione fiscale, e 30 per rimpolpare quella porzione del Fus riservata al cinema d'autore. Volendo, un anticipo della cosiddetta tassa di scopo, sul modello di quanto accade in Francia, via via da estendere agli altri soggetti della filiera industriale.
Sembrava fatta. Per l'Anica, la Confindustria del cinema, c'erano i sì di Paolo Ferrari, Giampaolo Letta e Riccardo Tozzi. Per l'Agis-Anec quelli di Paolo Protti, Carlo Bernaschi ed Enrico Di Mambro. Anche gli autori, attraverso Stefano Rulli, s'erano detti d'accordo, una volta tanto, con il governo, rappresentato dal capo di gabinetto di Bondi, Salvo Nastasi.
BONDI COMPAGNO qbe02 cristina comencini paolo ferrariInvece, in extremis, è arrivato il ripensamento degli esercenti, spaventati all'idea di passare per quelli che aumentano il prezzo del biglietto alla vigilia di Natale. A quel punto, invece di difendere la scelta, il ministro ha fatto marcia indietro, smentendo tutto contro ogni evidenza. Intanto, dando fiato alle trombe della demagogia, il Codacons, il Pd e l'Italia dei Valori già parlavano di "caro-cinema", di "tassa cinepanettone", di "stangata di Natale". Sciocchezze. Non fosse altro perché nell'ultimo anno, quatti quatti, molti esercenti hanno tranquillamente ritoccato il prezzo del biglietto portandolo anche a 8.50 euro (11-12 per i più gettonati film in 3D), per non dire di Coca-Cola, popcorn e gelati.
Non che il governo sia esente da colpe. Bisogna ricordare che il 27 ottobre scorso, alla vigilia del clamoroso blitz sul tappeto rosso del Festival di Roma, il ministro Bondi e il sottosegretario Gianni Letta convocarono in tutta fretta i cronisti a Palazzo Chigi annunciando misure straordinarie per il cinema.
CRISTINA COMENCINI RICCARDO TOZZI - Copyright Pizzi In quell'occasione promisero di rinnovare il tax-credit per tre anni e di riportare il Fondo unico per lo spettacolo 2011 al livello del 2010. Significava, in soldoni, una copertura di 240 milioni, 80 all'anno, per gli incentivi fiscali e un ritorno alla cifra di 404 milioni per il Fus contro i previsti 258, una miseria. Sembrò a tutti cosa fatta, nonostante la cautela di Letta: "Compatibilmente con le esigenze di bilancio e i conti dello Stato", perché "la situazione generale del Paese richiede una valutazione globale e unitaria entro la fine dell'anno".
MANUELA REPETTI SANDRO BONDI MAURIZIO BELPIETRO VITTORIO FELTRI Arrivato il 22 dicembre, a Palazzo Chigi hanno capito che le cose sarebbero andate diversamente. Il reintegro del Fus? Neanche a parlarne. Quanto al rinnovo triennale delle misure fiscali si sono trovati appena 45 milioni, tali da garantire la copertura del tax-credit solo fino a giugno 2011, poi si vedrà, sempre che nel frattempo non si sia andati a votare. I commenti non si sono fatti attendere.
Stefano Rulli "Non è un provvedimento monco, è uno schiaffo, una presa in giro, nessun produttore programma a sei mesi", attacca Andrea Purgatori dei 100 Autori. Il giornalista-sceneggiatore ce l'ha particolarmente con gli esercenti, per aver sabotato l'intesa sul biglietto. "Pochi soggetti potenti, di cui conosciamo nome e cognome, hanno deciso di uccidere il cinema italiano per difendere i propri interessi di bottega. Li invito sin da ora a non farsi più vedere alle nostre manifestazioni, la pagheranno carissima".
Di diverso tenore il giudizio di Giampaolo Letta, vicepresidente dell'Anica. "Sbaglia chi vede come una tassa sul cinema, una sorta di addizionale, il provvedimento sul biglietto. Avrebbe stabilizzato per tre anni i crediti di imposta, portato risorse aggiuntive in chiave di autofinanziamento. Per questo l'avevamo accolto con favore. Da quel che so anche gli esercenti erano d'accordo, salvo poi rimangiarsi tutto all'ultimo momento". Già.
ROSSANA E GIAMPAOLO LETTA
2 - BONDI TENTATO DALLE DIMISSIONI. IL CAV NON VUOLE, MA FINIRÀ COSÌAlessandro Gnocchi per Il Giornale
Il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi pensa alle dimissioni. Alla amarezza per essere al centro di una campagna stampa negativa e immeritata, si unisce la certezza che la mozione di sfiducia contro di lui, rinviata a dopo le feste, si dibatterà in un clima troppo partigiano. La situazione politica è ingarbugliata. Il ministro è tentato di risolverla in prima persona, con un taglio netto, tornando a tempo pieno al partito.
SANDRO BONDI E MANUELA REPETTI cpb35 andrea purgatori bruno manfellotto Ancora una volta, è il Fondo unico per lo spettacolo (Fus) a scatenare le discussioni più accese. Il Fus, stralciato dal decreto «milleproroghe», per ora rimane quello fissato: 258 milioni di euro. Il mancato reintegro (alla agognata quota 398 milioni) ha suscitato ieri una forte reazione tra gli operatori del settore e tra i politici dell'opposizione.
Soprattutto registi e attori hanno dichiarato a raffica, chiedendo la testa del ministro a cui rinfacciano di aver promesso inutilmente una revisione dei sacrifici voluti da Giulio Tremonti. Bondi ormai si trova accusato di qualsiasi cosa: di scarso peso politico, per non aver trovato fondi inesistenti causa perdurante crisi economica; di vandalismo, per aver causato i crolli di Pompei, da addebitarsi in realtà a decenni di incuria; di insensibilità, non essendosi presentato alla Prima della Scala e alla Mostra di Venezia, due eventi mondani ritenuti «immancabili» dai presenzialisti.
Eppure, per restare all'ambito cinematografico, il governo ha messo in campo provvedimenti mirati, come la proroga per ora di sei mesi ma in prospettiva permanente delle agevolazioni fiscali (tax credit e tax shelter). E anche misure (chissà che fine faranno) che da un lato riducono l'intervento statale e dall'altro semplificano i meccanismi con i quali i contributi pubblici vengono erogati. Con un principio guida: puntare sulle produzioni piccole ma innovative e non sul «grande» regista.
cap47 andrea purgatori silvestri Chi ieri ha parlato di «morte dell'industria del cinema» ha il gusto dell'esagerazione. Perché, fortunatamente, la situazione non è così drammatica come vogliono farci credere i «Centoautori» che sfilarono sul red carpet del Festival di Roma, e che ora annunciano nuove clamorose proteste. I biglietti staccati tra gennaio e ottobre 2010 sono 86 milioni e passa (+16,63 per cento rispetto al 2009) e gli incassi, nello stesso periodo, sono aumentati del 25,5 per cento.
bondi in camper La quota di mercato delle produzioni italiane è cresciuta del 6,58 per cento e la tendenza positiva vale anche per i film d'essai. Segno che la nostra industria, grazie alla professionalità di chi ne fa parte, ha la capacità di competere, anche in un momento in cui i finanziamenti sono in calo. E che dire del successo internazionale del Divo e di Gomorra? Tutto merito del Fus?
Per questo le ragioni di chi protesta non sono condivisibili, anche senza tirar fuori sacrosante questioni di principio (l'arte assistita è arte asservita allo Stato, alla politica, alla burocrazia). Il problema, per il cinema come per gli altri comparti, infatti non può risolversi nella richiesta di soldi, che tra l'altro non ci sono.
Si discuta prima dell'inefficienza manageriale di troppe Fondazioni liriche, del sovrapporsi di competenze fra Stato e Regioni, della rigidità dei criteri d'assegnazione a causa della quale i dobloni finiscono sempre nelle stesse tasche. Si proponga una via d'uscita realistica, che tenga conto del fatto che il contributo statale non raggiungerà mai più i numeri di un tempo.
BONDI La Bonda Pregante Di Giovan Battista Salvi Saliva Su Tela Di RobCor dal Fatto Quotidiano Si liberalizzi davvero, incentivando le sponsorizzazioni, viste tuttora come fumo negli occhi. Non c'è quasi nulla da inventare. Basta «copiare» e adattare modelli stranieri, a esempio quello degli Stati Uniti, dove il finanziamento pubblico è vincolato alla capacità di attrarre capitali privati.
VITTORIO SGARBI SANDRO BONDI Sarebbe necessario un ampio confronto su questi temi, confronto che il ministro non ha mai rifiutato, salvo andare a sbattere (a Cannes e altrove) contro lo snobismo di un mondo che in linea di massima con la destra non vuole avere a che fare.
Un confronto riproposto in queste ore da Bondi. Egli, rilanciando le agevolazioni fiscali (sei mesi saranno pochi ma si deve tener conto della copertura finanziaria), ha dato in realtà un segnale forte e indicato la via liberale da seguire. Tutto però lascia pensare che alle parole non seguiranno fatti concreti, perché dall'altra parte privilegiano lo scontro. Sul cinema come sull'università