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DONNE, FOLLIA, SOLITUDINE negli spazi dell’ex ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi
A.S.L. Napoli 1 Centro
presenta
DONNE, FOLLIA, SOLITUDINE
Sabato 28 marzo 2015
negli spazi dell’ex ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi
(calata Capodichino 232, Napoli)
col patrocinio del Comune di Napoli
con la collaborazione dell’associazione S/carte
inaugurazione della mostra di Luigi Bilancio Outre la dance | ore 10.30
azione teatrale Specchi di sole regia Mauro Maurizio Palumbo | ore 16
Ingresso libero
Sabato 28 marzo, negli spazi dell’ex ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi, sito a Napoli in calata Capodichino, si inaugura alle 10.30 la mostra fotografica Outre la Danse di Luigi Bilancio (aperta dalle 09.30 alle 17 fino al 4 aprile, info 333 586 2607) alla presenza dell’assessore alla cultura Nino Daniele, del direttore generale dell’A.S.L. Napoli 1 Centro Ernesto Esposito, della direttrice del polo archivistico della sanità napoletana Anna Sicolo, della direttrice artistica del Centro Regionale della Danza Lyceum Mara Fusco e la danzatrice, docente di tecnica contemporanea e coreografa Susanna Sastro. La realizzazione della mostra vede la collaborazione del Centro Arte Danza. Alle 16 va in scena l’azione teatrale Specchi di sole, presentata dalla compagnia Il canto di Partenope. L’ingresso è libero.
Outre la dance nasce dal desiderio del fotografo Luigi Bilancio di raccontare il dietro le quinte della danza, evidenziarne il sacrificio, la passione, il dolore, la solitudine e a volte anche la pazzia, termine spesso usato per definire il danzatore. Avendo quotidianamente al suo fianco una musa ispiratrice, la moglie Gigia Esposito, danzatrice e insegnate. Bilancio ha voluto spingere oltre ogni limite il concetto di sacrificio fino a
farlo sfociare in una sorta di abbandono totale, portando una danzatrice, Rosaria Iovine, in un manicomio abbandonato. «Per anni ho visto applaudire il pubblico a fine spettacolo – dichiara Bilancio – per elogiare solo l'esecuzione dei danzatori, ignaro del sacrificio, della passione e della devozione, necessari per arrivare sul palcoscenico. Vorrei che il pubblico e la società si alzassero in piedi non per applaudire la splendida esecuzione, ma onorare i sacrifici che danno vita all’Arte».
L’azione teatrale “Specchi di sole” nasce da un’idea di Anna Sicolo, direttrice del Polo Archivistico, diretta da Mauro Maurizio Palumbo, in collaborazione con gli studenti del “Laboratorio di Composizione Architettonica e Urbana 2” del corso di laurea magistrale in Architettura Arc5UE dell’Università degli Studi di Napoli Federico II tenuto dalla docente Angela D’Agostino.
25 deportati dal Veneto sbarcarono a Napoli nel novembre del 1917 all’indomani della disfatta di Caporetto nell’ospedale di Capodichino: una violinista, una ballerina, un’anarchica, un filosofo, un avvocato e Anna, moglie e madre, che rivivranno grazie allo studio delle cartelle cliniche, custodite nell’archivio del Bianchi, che contengono lettere e dichiarazioni dei reclusi, stralci di vita, quella lasciata al di fuori delle mura e quella che si consumava lenta e sofferta all’interno.
Dall’ingresso ai corridoi, su per lo scalone fino alle porte dell’Archivio, un viaggio di memorie sul disagio femminile e sui disturbi alimentari legati alle condizioni sociali, collettive e individuali, dell’epoca.
Credits
OUTRE LA DANCE
Danzatrice Rosaria Iovine
Coreografa Gigia Esposito
Costumi Leandro Fabbri
MUA Poshnails Mv Designer
Assistenti Franco Verde, Renato Beatrice, Domenico Armento
SPECCHI DI SOLE
della compagnia Il canto di Partenopoe
da un’idea di Anna Sicolo
liberamente ispirato ad alcune cartelle cliniche dell’archivio del L. Bianchi
regia Mauro Maurizio Palumbo
con
Salvatore Camerlingo, Maria Lucarelli, Emanuele Giordano, Sabrina Santoro, Davide Alterio, Francesca Tornincasa, Nadia De Crescenzo, Chiara Alterio
e con
Fortuna Liccardo, Nina Palumbo, Teresa liccardo, Marina Fevola,
Patrizia Liccardo, Francesca Liccardo
in collaborazione con gli studenti del “Laboratorio di Composizione Architettonica e Urbana 2” del corso di laurea magistrale in Architettura Arc5UE dell’Università degli Studi di Napoli Federico II tenuto dalla docente Angela D’Agostino:
Giovanni Aliperti, Maria Maddalena Annibale, Roberta Barbarino, Valentina Brancaccio, Giuseppe D’Ascoli, Fabrizio De Costanzo, Rosalba Diglio, Chiara Di Nocera, Melina Di Tuoro, Lucia Esposito Abate, Vincenzo Esposito, Felice Giusto, Giorgia Guadagno, Renato Ignelzi, Isabella Lafortezza, Eleonora Maddaloni, Sarah Manco, Bianca Pagano, Martina Pizzicato, Sara Russo, Nicoletta Sica, Pio Starace, Alice Valentino, Giovangiuseppe Vannelli, Piero Zizzania
Anna Marchitelli
ufficio stampa per Associazione S/carte
marchitelli.comunicazione@gmail.com
333 1198973
Outre la Danse non è semplicemente un progetto fotografico, ma un'espressione artistica diretta verso altri orizzonti, qualcuno probabilmente sconosciuto, qualcun altro ignorato o semplicemente taciuto. In questo suo viaggio migratorio, l'arte delle immagini della danza si incontra con altre discipline, altre aree di sapere, altre storie e i suoi confini si fanno labili.
Danza, follia, solitudine le parole più volte pronunciate dall'artista napoletano Luigi Bilancio prima di cominciare il lavoro, parole chiavi per accedere in quello spazio, in quel tempo, limitato, definito ma paradossalmente infinito.
Danza, follia, solitudine, sono dentro, in un dentro disabitato, disabilitato, sporco, umido, freddo. Ma sono dentro e non posso starne fuori perché, per lungo tempo, il dentro fu atrocemente abitato.
Danza, follia, solitudine, un altro dentro, questa volta però trasparente, fluido, silenzioso, metaforico, metamorfico. E nel mutismo corporeo è concesso sussurrare, urlare, narrare l'indicibile.
Sono in quello che un tempo fu un manicomio, ovvero un ospedale psichiatrico. Luogo adibito alla cura, alla salvaguardia, alla custodia degli infermi e della società, più della società che degli infermi.
Luogo di contraddizioni a partire dalla pretesa terapeutica/riabilitativa che non poteva non scontrarsi con la funzione custodialistica/repressiva. Un luogo “istituzionale”, “totale” e “totalizzante”, di violenza normata e normalizzata con obiettivi normalizzanti.
Ed è il mio cuore a lacrimare affinché il trucco non si sciolga e coli lungo il viso come le scritte sui muri. Fa freddo e devo scaldarmi, tra poco tocca a me.
Il corpo in movimento è caldo, inevitabilmente esposto, anzi sovraesposto, inebriato, elettrizzato. Appeso a una ringhiera rugginosa, gambe incrociate sospese nel vuoto, il corpo immobile bestemmia il dolore di chi ha vissuto a lungo in quel posto, defraudato della propria vita, della propria storia, per incarnare sintomi, pericolosità, malattia e per avvalorare cure e modelli di salute. La psichiatria ha un grosso debito con l'umanità e la sua colpevole implicazione è incontestabile perché tradita dalla denominazione “ospedale psichiatrico” che spiega ed esplicita il manicomio.
Oltre la danza c'è lo spazio e il tempo del rimosso, il corpo veicola quantità eccedenti di significato, segni da preservare e sintomi da non curare.
Il connubio tra arte e follia è un'accattivante storia, in un certo senso irrisolta perché inspiegabile, ma ormai vecchia. Il concetto di follia è ambivalente. È folle l'estraneo, il pericoloso, l'incomprensibile, e allo stesso tempo, la follia è genialità, immediatezza espressiva, immaginazione fantastica, tutte qualità attribuibili all'artista e alla sua opera. Nella danza la follia si manifesta senza remore nei primi del Novecento e da allora sembra non voler più andar via. Il corpo “isterico”, che già aveva mostrato la sua efficacia performativa, si presenta sulla scena della danza e del teatro. Le “rappresentazioni teatrali” delle “donne-pazienti” del “regista-medico” Charcot avevano attratto, oltre agli studiosi della psiche, artisti, giornalisti, curiosi. È la follia ad innescare un rovesciamento del linguaggio corporeo.
Nella danza il corpo agisce l'inquietudine, le fratture, le paure, le nevrosi. La gestuale è dirompente, irriverente, sensuale, sessuale, indecente. Nella danza contemporanea la questione di genere è neutralizzata, niente più principesse in attesa del principe, niente uomini e niente donne, ma corpi, solo corpi, fatti e disfatti, continuamente, insistentemente. Fluidi/solidi, pesanti/leggeri, formi/ informi e deformi, sessuati/asessuati, magri/grassi, pieni/vuoti, belli/brutti, strutturati ma destrutturabili, carnali, lascivi, casti, corporali, spirituali … Corpi oltre il corpo. Corpi e non-corpi.
Il balletto classico, così come la parola, manifesta una carenza espressiva, relazionale, emozionale, sociale. È la rivoluzione culturale del Novecento, le donne sono in prima linea e sono: rivoluzionarie, innovatrici, danzatrici. Isadora Duncan, Loïe Fuller, Mary Wigman, Martha Graham, a seguire Pina Bausch, Carolyn Carlson e altre e altri, uomini e donne, che hanno colto e sviluppato il fermento rivoluzionario. E il connubio danza e follia continua nel tempo e oltre il tempo, a metà del Novecento è la danza che si reca nello spazio della follia, con Mary Wigman, e non solo, la danza si tramuta in terapia o meglio in una psicoterapia espressiva (DMT-danza movimento terapia).
Danza, follia, solitudine, siamo dentro da ore, ci spostiamo da una stanza all'altra, da uno spazio piccolo ad uno grande, scale, corridoi e poi ... saliamo, scendiamo, attraversiamo e respiriamo polvere, calpestiamo rottami, rovi, mattoni crollati. Ci sono letti, barelle, sedie con e senza rotelle, fogli, carta, plastica, merda, libri ... tanti libri, una montagna di libri umidi in un angolo marcio. Le estremità dei miei arti sono congelate, dita delle mani e dei piedi anestetizzate. Scalo la montagna, procedo con lentezza, i libri potrebbero franare e io con loro. Lentamente sui libri, prima un piede poi l'altro, prima su un libro poi su un altro, senza peso, sospesa sui libri. In piedi, accucciata, distesa, spezzata, accatastata su una montagna di carta stampata, su pensieri, teorie e parole. Io e i libri, e siamo stanchi. Una voce mi guida dolcemente, mi protegge, mi consiglia, approva o disapprova. È l'occhio, la mano ... una bussola, la mia ancora ... un'altra solitudine, la coreografa: Gigia Esposito, formazione classica, tecnica eccellente.
Disciplina e follia, l'informe prende forma ma poi si deforma, si compone, si scompone. Oltre la danza la fragilità è forza, la parola è muta e il corpo canta a squarciagola un doloroso godimento. Sorseggio un tè caldo, è il tè più buono del mondo.
Rosaria Iovine
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