La tua formazione artistica è di stile accademico e non hai trascurato corsi di perfezionamento. Quali ricordi porti del periodo che ti ha visto impegnato nello studio?
Ho vissuto a Napoli e in casa con i miei fino a 19 anni, poi è arrivato il momento in cui ho superato con esito positivo il provino per entrare in accademia d’arte drammatica e ho deciso di trasferirmi a Roma per iniziare gli studi per diventare attore professionista. È stata la più importante e influente scelta che abbia fatto nella mia vita. L’esperienza d’accademia è durata tre anni e mi ha cambiato profondamente, come attore e come persona. È stato un periodo caratterizzato da forti alti e bassi; da momenti di grande aggregazione ed eccitazione a momenti di riflessione e solitudine. Durante i corsi ero sempre con compagni e maestri e spesso ci si doveva incontrare per provare anche al di fuori degli orari accademici, ma al di là di questi momenti ho sempre sentito l’esigenza di passare del tempo da solo per metabolizzare le informazioni ricevute durante le lezioni e per riflettere. Era anche necessario del tempo per riposare mentalmente e fisicamente, e per staccare. L’accademia è un’esperienza molto forte e impegnativa perché coinvolge l’allievo quasi dieci ore al giorno, tutti i giorni tranne il sabato e la domenica. Quindi per tre anni ho passato più tempo nelle aule e nei teatri che a casa o in giro con amici. Gli amici diventano inevitabilmente gli stessi compagni d’accademia e il rischio di farsi assorbire totalmente da una realtà così forte è quasi inevitabile. La mia scelta di andare a vivere da solo, e non di condividere la stanza o la casa con amici o compagni d’accademia, è stata fondamentale. Una volta finito l’orario accademico sentivo un grande bisogno di stare solo e in pace; un bisogno di staccare completamente almeno da tutto quello che vedevo e sentivo durante il giorno. La piacevole, ma talvolta assillante ossessione dei personaggi da studiare, delle battute da memorizzare, e degli insegnamenti ricevuti a lezione, era inevitabile. In un accademia di teatro, il lavoro da fare, soprattutto inizialmente, è su se stesso e sulla propria persona; sul proprio corpo/mente ed emozioni. È un lavoro costante e talvolta doloroso perché porta ad affrontare le proprie convinzioni e pregiudizi nei confronti della vita e del mondo, e a prendere coscienza dei propri blocchi emotivi, paure e abitudini, per superarli e ritrovarsi. È un lavoro di neutralizzazione di tutto quello che si è imparato per rendersi terreno fertile e accogliere nuovi insegnamenti, nuove idee e nuovi personaggi. I ricordi che porto dentro sono molto forti e potrei paragonarli ai forti ricordi di esperienze fatte durante l’infanzia. Ho provato sensazioni ed emozioni che non provavo veramente da molto tempo, e proprio queste mi hanno insegnato a ritornare bambino. Il vivere da solo e il lavorare su me stesso mi hanno fatto diventare molto vulnerabile e sensibile, ma allo stesso tempo mi hanno fortificato e reso sicuro e centrato come essere umano. Mi sento ben radicato e con i piedi per terra, ma anche aperto e ingenuo, come un bambino.
Coltivi la passione per la musica cantando e suonando la chitarra; è solo un hobby o la musica ti impegna quanto la recitazione?
Suono la chitarra da quando avevo 12 anni. La musica è per me una delle cose più importanti nella vita. Ho sempre amato ascoltare musica di ogni genere e avuto un orecchio naturale e un senso del ritmo innato. Sono cresciuto con il rock americano e inglese che i miei genitori ascoltavano spesso. La musica è per me religione. Non passo un istante della mia vita senza tamburellare con le dita su qualsiasi superficie, portando il ritmo con il piede e cantando in mente o ai venti e alle genti. La musica va avanti dentro di me da sempre e andrà avanti per sempre; è solo una questione di mezzi che uso talvolta per esternarla o se lascio che mi culli dall’interno. Oltre che una grande passione la musica è attualmente uno dei miei lavori. Suono in alcuni locali e irish pub a Roma. Ho un grande repertorio di canzoni di genere rock, blues, country, folk e pop che mi permette di suonare dal vivo per oltre tre ore. Solitamente mi accompagno da solo con la chitarra e gestisco il palco da solo per tutta la serata. A volte suono con mio fratello che è pianista/percussionista e cantante, con altri musicisti o faccio dei duetti con alcune cantanti con le quali amo cantare canzoni che prevedono voce doppia e sublimi armonizzazioni come quelle dei Beatles, Beach Boys, Velvet Underground e altri. In un locale in particolare organizzo un’Open Mic, letteralmente “microfono libero” , dove suono alcuni pezzi del mio repertorio, ma permetto a chiunque di unirsi per cantare o suonare altri strumenti di ogni genere; è un’esperienza questa molto bella che unisce pubblico e musicisti creando aggregazione. Essendo io un amante del ritmo e delle percussioni suono da tre anni il djèmbe, un tamburo africano che si usa in alcune cerimonie sacre per la cultura africana e per accompagnamento in alcuni generi musicali moderni. È molto bello riunirsi con altri percussionisti , musicisti e artisti di ogni genere nei week-end per suonare insieme. Il suono naturale di questo tamburo e i ritmi ripetuti e travolgenti suonati insieme producono delle vibrazioni molto potenti e positive e momenti di grande amicizia e amore. In questo momento iniziale della mia carriera la musica mi impegna quasi quanto la recitazione. Cerco sempre di trovare spazio e tempo per la musica sia per lavoro che per me stesso e gli amici.
Altra tua passione è lo sport. Quale significato attribuisci alla pratica dello sport nella vita?
Ho avuto la fortuna di avere dei genitori molto sportivi che mi hanno avvicinato al nuoto all’età di quattro anni. Da allora ho iniziato a nuotare tutti i giorni con costanza e determinazione; poi sono passato in età adolescente alla pallanuoto e infine alla canoa olimpica. Durante gli anni ho anche provato a cambiare sperimentando altri sport di terra. Ho praticato gli sport acquatici a livello agonistico e devo dire che questo mi ha insegnato un modo di affrontare la vita che è ormai profondamente radicato in me stesso. Lo spirito di sacrificio e la grande resistenza che si sviluppa in un atleta sono caratteristiche che poi vengono fuori nella vita di tutti i giorni e con le quali si affronta il lavoro, lo studio e le situazioni difficili e problematiche. Attualmente non sono più un agonista, ma continuo comunque a praticare attività fisica ogni giorno. Il mio allenamento è cambiato, non è più dedicato al potenziamento in visione di una competizione, ma si è adattato alle mie esigenze di attore. Come la musica, lo sport è un importante punto fisso nella mia vita. Mi riesce molto difficile iniziare una giornata senza prima risvegliare e allenare il corpo. Quest’ attività risveglia di conseguenza la mente rendendola attiva e flessibile. L’uomo è un’unità indivisibile di mente e corpo e bisogna allenare tanto l’uno quanto l’altra.
Teatro, cinema , pubblicità : opportunità che ti hanno permesso di “saggiare” ambienti diversi. Al di là dei risultati conseguiti, a quale di essi va la tua preferenza e perché?
Durante gli anni di accademia ho avuto la fortuna di studiare molto il teatro di tutto il mondo e soprattutto di farlo sul campo, recitando. Ogni anno l’accademia prevedeva la messa in scena di almeno due o tre spettacoli diversi, sia in italiano che in inglese. Ho avuto la possibilità di fare dei seminari a Londra sulla recitazione shakespeariana e stage combat. Non ho ancora avuto tante esperienze nel campo cinematografico, se non una all’interno dell’accademia. Durante l’ultimo anno abbiamo girato un film diretto da Marcello Cotugno. È stata la prima esperienza di recitazione cinematografica che abbia mai fatto. Abbiamo scelto alcune storie personali di allievi/attori dell’accademia, le abbiamo messe insieme e ognuno ha interpretato un personaggio diverso. Il film dovrebbe essere proiettato a breve in una sala a Roma con il nome “ la nostra stagione” e potrebbe avere una piccola distribuzione e quindi un seguito. In effetti ho iniziato a fare l’attore perché amo il cinema; ma sono molto felice di aver avuto la fortuna di poter conoscere il teatro e di recitare in teatro. La recitazione teatrale è molto diversa da quella cinematografica e credo che avere una base teatrale per un attore di ogni genere sia comunque fondamentale. Essendo la mia carriera appena iniziata, non so cosa succederà e quali saranno le mie prossime esperienze, ma spero di poter lavorare molto nel cinema.Le pubblicità che ho fatto sono state soprattutto di moda. Ho fatto diversi servizi fotografici per collezioni di abbigliamento di alcune marche italiane e straniere.
Tra le esperienze teatrali, quale ti ha arricchito di più?
Durante l’ultimo anno d’accademia mi è stata data la grande possibilità di interpretare il ruolo da protagonista nell’opera teatrale di Arthur Miller, “The Crucible”. Lo spettacolo era in lingua inglese e diretto dal regista/attore Douglas Dean. È stata una grande responsabilità e la prima volta che ho potuto interpretare un grande e complesso personaggio nel suo percorso. Un personaggio di natura semplice e tranquilla che viene provato seriamente dalla condanna della moglie per stregoneria. La sua vita viene sconvolta e viene egli stesso accusato di stregoneria per via della follia generale che divampava durante gli anni dell’eretismo in America. Finirà per farsi condannare ed uccidere pur di non rinnegare il suo nome e la sua persona. La fortuna di conoscere bene la lingua inglese e di aver recitato molto in inglese durante l’accademia mi ha dato la possibilità di lavorare in tre spettacoli in lingua di cui due di Shakespeare. L’ultimo spettacolo teatrale che ho fatto è stato “Twelfth Night” di Shakespeare al teatro Belli di Roma. In questa commedia ho recitato la parte di Sebastian. È stata un’esperienza stimolante e formativa molto importante. La compagnia era di soli attori madre lingua inglesi e un paio di attori italiani. È stato per me il primo vero spettacolo al di fuori dei circuiti accademici che mi ha fatto realizzare di essere un attore e che quello che ho sempre sognato è ora diventato realtà.
Tra gli artisti che hai avuto modo di incontrare ce n’è qualcuno che ha lasciato un segno nel tuo modo di essere e ti sta facendo crescere professionalmente?
Qualche mese fa ho avuto un’esperienza attoriale molto bella ma anche forte e dolorosa. Ho fatto un provino teatrale con il grande regista fiammingo Jan Fabre. Sono passato alla prima selezione della mattina, durata un’ora, e sono tornato poi la sera per la seconda selezione. Questa seconda fase di selezione è durata almeno tre ore. Eravamo una trentina di attori sul palco del teatro Palladium di Roma. Il regista ha assegnato ad ogni attore un ruolo, poi ci è stato detto quale era il contesto e la situazione da vivere, e da lì è partita un’improvvisazione che è durata un paio di ore. Appena abbiamo iniziato mi sono lasciato completamente assorbire da quella realtà che dovevamo vivere e tutto il contesto del provino, del palco e della commissione del provino è scomparso. Abbiamo vissuto dei momenti veramente indimenticabili e di grande libertà e forza. Quello che il regista voleva da ognuno di noi era di lasciarci completamente andare al personaggio e alla situazione senza pregiudizi o inibizioni. Non voglio dilungarmi sui particolari perché sarebbe troppo lungo. Quando ho finito il provino e sono andato a cambiarmi, e poi nei giorni successivi, ho continuato a pensare a quella esperienza, a quello che Jan Fabre mi ha detto, a quello che voleva, a quello che effettivamente era successo e ho realizzato di essere stato messo faccia a faccia con me stesso come attore ed essere umano. Ho vissuto un momento di realizzazione dei miei limiti e potenzialità e della direzione nella quale marciare. Ho realizzato che in teatro, come in cinema, e anche nella vita bisogna “essere” e non pensare e rimuginare o farsi troppi problemi; bisogna vivere liberi e con l’amore nel cuore, un amore genuino e innocente che ci appartiene da quando siamo nati, ma che a causa delle condizioni nelle quali si cresce, dei condizionamenti della società e delle restrizioni, tende a bloccarsi e a rimanere intrappolato dentro noi stessi non permettendoci di vedere e vivere la bellezza dell’esistenza.Questa è stato l’incontro artistico che mi ha segnato di più; continua a farmi crescere e mi ha indicato una via e un modo che non dimenticherò mai e porterò sempre dentro me stesso.
Cosa ci puoi dire del nuovo video di Gigi D’Alessio in cui compari come attore protagonista?
È stato un bel lavoro e un’opportunità di mettermi alla prova. Non mi aspettavo che girare un video musicale fosse così eccitante e complesso quasi come un film. Il contesto e la storia del video sono pieni di azione e vita, e questo è stato infatti richiesto a noi attori e devo dire che ci siamo lasciati andare alla grande. Sottratta la parola a un attore rimangono le azioni, le emozioni, i pensieri e l’espressività del corpo e del viso. È stato molto bello poter esternare la sensazione di oppressione che i due fidanzati del video provano dentro. Quando una storia d’amore continua ad andare avanti senza rinnovarsi ogni giorno e senza più motivo e solo per abitudine e paura di cambiare, il caos che si ha dentro è molto forte e mi è piaciuto molto il modo in cui è stato pensato il video e l’idea di esternare tali sensazioni con la rabbia e disperazione. Per noi attori è stato molto bello lasciar uscire la rabbia con mazze da baseball e con un intero sfasciacarrozze a disposizione per colpire e distruggere. Gli effetti speciali di fumi, esplosioni e fiamme erano lì sul posto e le nostre corse, fuggendo da tali pericoli, sono state veramente stimolate da pericoli reali. È stato molto eccitante e divertente. Il set e la troupe erano super professionali e ci siamo sentiti come sul set di un film d’azione. È stato stimolante lavorare con Cosimo Alemà, regista di numerosissimi video musicali di band italiane e straniere e di un bellissimo film d’azione “at the end of the day”. Questo video è stato un assaggio di come deve essere bello girare un film d’azione con persone veramente appassionate e dedite a questo bellissimo lavoro che è il cinema. Per un attore è molto importante ritrovarsi su un set, per capire quanto lavoro, personale e macchinari sono impiegati per girare. Spero che la resa del video sia stata apprezzata dal pubblico e che le immagini con la musica e il testo di Gigi abbiano stimolato le emozioni di chi le guarda e ascolta.
Quanto contano per te l’amore, la famiglia, l’amicizia?
Amore, famiglia e amicizia sono senz’altro tre punti molto importanti per l’uomo. L’amore è per me uno stato molto superiore dell’essere e che non riguarda solo il rapporto fra un uomo e una donna; anche se questo è un modo molto bello per raggiungere tale stato. Per me abbiamo tutta una vita davanti proprio per imparare che solo l’amare noi stessi, gli altri e la terra dove viviamo può essere un modo per non soffrire ma anzi gioire. Credo bisogni affrontare il dolore con forza e fede in qualcosa, perché poi dopo il piacere arriva sempre. Ma spesso ci si lamenta solo per le cose cattive e non si dice una parola quando si sta bene. Quando siamo veramente felici di essere e di quello che abbiamo e la gioia è tanto grande da non poter essere tenuta per sé stessi, ecco che nasce l’amore. L’amore è per me una voglia di condividere noi stessi e il nostro stato di felicità con gli altri. Questi altri possono essere un altro essere umano, un animale, una cosa o l’ambiente in cui viviamo, senza alcun limite. Tuttavia l’amare una donna è per me la cosa più sublime che ci è stata donata. Quest’amore ci soddisfa, ci riempie di speranza e piacere di vivere e dovrebbe essere provato da ogni singola persona sulla terra.La famiglia è un importante fonte d’amore dalla quale bisognerebbe imparare. L’amore che si crea per la nascita di un bambino è immenso, la gioia di stare insieme e dell’amarsi con tutti i propri limiti e difetti è una grande scuola di vita. In una società così decadente e caotica come quella nella quale viviamo la famiglia può essere un nido d’amore e riposo per vivere bene. Ma credo che le famiglie possono anche rovinare i propri componenti se sono troppo chiuse nelle proprie idee sul mondo e sugli altri; alla fine dobbiamo sempre uscire e vivere nel mondo e con gli altri e credo bisogni mantenere la propria mente aperta e disponibile alle esperienze.Anche l’amicizia ha un grande valore; dovrebbe seguire la stessa dinamica dell’amore. Amicizia come condivisione e comunicazione. Un camminare per mano o abbracciati, insieme, nel cammino della vita che è bello proprio perché sempre incerto e imprevedibile.
Hai già sentito parlare della Napoli Cultural Classic? In che termini?
Ho sentito parlare molto della Napoli Cultural Classic da amici e colleghi artisti. Ho conosciuto l’avvocato Carmine Ardolino il quale ha assistito a un mio spettacolo “Twelfth Night”. Ci siamo conosciuti, mi ha parlato dell’associazione e sono nate amicizia e collaborazione immediate. Io devo ringraziare la NCC per quello che sta facendo. Credere nei giovani artisti emergenti e sostenerli e promuoverli nelle loro attività, il tutto a titolo gratuito e in nome dell’arte e della cultura, è una delle cose più belle che si stanno facendo nel territorio campano. Tra l’altro si stanno creando, in occasione dei premi, delle interessanti opportunità di confronto e comunicazione tra artisti, attori, scrittori, musicisti etc che creano un movimento culturale molto forte. In questo modo si permette a persone di conoscersi e lavorare insieme e soprattutto di vedersi all’opera abbattendo anche le solite routine di provini, raccomandazioni e favoritismi ben note agli artisti emergenti. Avere questa opportunità, nata proprio nel territorio campano pieno di giovani talenti, è una grande fortuna e dobbiamo esserne felici.